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Sersale. Sede della suggestiva Riserva Naturale delle Valli Cupe

Franco Emilio Carlino


La presente tappa mi porta ancora una volta a interrogare, spulciandole, le pagine di alcune importanti opere di autori che, in qualche modo si sono nelle diverse epoche occupati di Sersale. Riguarda il bellissimo Borgo, che oggi vanta il prestigioso riconoscimento del titolo di Città di circa cinquemila abitanti, le cui origini secondo accreditate fonti storiche risalirebbero al 1620. Ma vediamone, attraverso i contenuti della presente ricerca come questo si sia formato, quali sono le sue peculiarità e come Sersale si presenta oggi nella veste moderna.

Il Borgo si adagia su un territorio di 53,01 kmq, a 740 m sul livello del mare con una variazione altimetrica compresa tra 7 e 1655 m, sul quale sono sistemati secondo recenti stime demografiche 4.605 abitanti di cui M 2.252 e F 2.353, con una densità per Kmq di 86,9 ab., appellati Sersalesi.

Il nome, dal punto di vista etimologico proviene dal cognome della famiglia Sersale, all’epoca il barone Francesco Sersale, duca di Belcastro, proprietario del fondo costituito da estesi poderi incolti. I poderi di Morino e Angaro, ubicati nel feudo di Sellia, nella Terra di Zagarise contigua al feudo di Cropani, furono i siti su cui a un gruppo di contadini e taglialegna originari di Serrastretta, che ne fece regolare richiesta, il generoso feudatario accordò l’assegnazione di terreni per la loro coltivazione, e dove poi nel secondo decennio del XVII secolo (1620), nacque il paese sviluppandosi speditamente costituito da umili abitazioni. Le motivazioni di tale trasmigrazione era dettata dall’arroganza e dal sistema tirannico e vessatorio instaurato sugli abitanti di Serrastretta dal loro feudatario Carlo d'Aquino.

Interessanti sono in correlazione le note storiche presenti sul sito del Comune, che oltre a confermare quanto sopra precisato forniscono informazioni circa l’ufficialità della nascita del Casale di Sersale. A riguardo ecco quanto è riportato: “il barone Sersale seppe cogliere l'opportunità di trarre un utile costante e sicuro dalle terre, fino a quel momento incolte ed improduttive, e non mancò di incoraggiare i nuovi venuti, promettendo loro diverse agevolazioni. Presto, quindi, si giunse ad un accordo in virtù del quale le parti davanti ad un notaio conclusero un regolare contratto di enfiteusi. L'atto venne erogato in Sellia il 3 agosto 1620 dal notaio Don Giovanni Gatto da Maranise in presenza di entrambi le parti, e cioè da un lato lo stesso barone Francesco Sersale, dall'altro dodici coloni, oriundi tutti da Serrastretta, i cui nomi erano i seguenti: Francesco Giuliano, Pietro Torchia, Giovanni Girolamo Malarico, Giovanni Tommaso Mancasi, Marco De Fazio, Vittorio Torchia, Luca Antonio Felice, Francesco Mulinaro, Giovanni Maria Senatore, Giovanni Tommaso Gallo, Pietro Giovanni Mazza, Marcantonio De Fazio alias Caulo. Il 3 agosto 1620 giorno in cui venne stipulato l'atto notarile suddetto, segna quindi la data di fondazione del casale che, in omaggio al feudatario, fu chiamato Sersale. Il gonfalone del Comune di Sersale raffigura uno scudo, sormontato da una corona, con su impresso un albero”[1].

Oggi, Sersale fa parte della Comunità Montana della Presila Catanzarese - Regione Agraria n. 3 - Sila Piccola Meridionale Parco Nazionale della Sila, possiede le frazioni di Trebisina e Borda e confina con i Comuni di Cerva, Cropani, Magisano, Petronà, Sellia Marina, Zagarise tutti in provincia di Catanzaro.

Come ho già fatto cenno, le origini di questo Comune sono vincolate alle circostanze e agli eventi che hanno riguardato il nobile casato napoletano, dei Sersale, originario di Sorrento già dal 1117 con il duca Sergio II, che come tanti altri nobili napoletani in epoca feudale trovarono sistemazione, stabilendosi, in diversi paesi del meridione facenti parte del Regno. È con Andrea Sersale, figlio di Maffurio patrizio napoletano, che avendo ricevuto come privilegio da re Ladislao di Durazzo un cospicuo patrimonio in Provincia di Calabria Citra e trasferitosi a Cosenza, poi attraverso il figlio Guidone ebbe origine il ramo del casato calabrese conosciuto come dei principi di Castelfranco. In seguito all’Unità d’Italia, a iniziare dal 1863, Castelfranco venne chiamato Castrolibero, oggi comune contiguo alla città Capoluogo di Cosenza. I Sersale erano anche proprietari dello splendido Palazzo Sersale di Cerisano sul quale avevano il titolo di duca di cui ci fornisce notizie Virginia Todaro nella sua splendida pubblicazione sul palazzo gentilizio adoperando inconsuete fonti e nella quale in un breve passo così disserta: “[…] Annibale, che morì a Napoli il 15 dicembre 163028, fu dunque una delle figure più illustri di Casa Sersale. Ma perché scelse proprio il palazzo di Cerisano come principale residenza della famiglia? La scelta non è stata determinata certamente dalla mancanza di altre residenze alternative, perché come si evince dall’inventario dei beni stabili redatto alla morte di Orazio, la famiglia ne possedeva diverse29. Probabilmente i Sersale scelsero all’interno del feudo la dimora più appropriata al loro rango e alle loro diverse esigenze. Abbiamo notizie certe di precedenti ma temporanei soggiorni dei Sersale nel feudo di Caslfranco30 con notizie certe di precedenti soggiorni”[2]. Fatta queste breve nota genealogica sul casato Sersale vediamo come questi si diramarono intorno alla metà del XVI secolo sul territorio della Presila. Inizialmente furono proprietari della Contea di Belcastro e anche di porzioni di quella di Cropani e Zagarise.

Nella seconda metà del XVII secolo (1669), il paese dai Sersale transitò nei possedimenti del nobile casato dei Perrone che lo amministrarono per oltre un secolo fino a quando nel 1788 fu acquisito dai Le Piane e in ultimo passò ai de Dominicis che ne detennero il governo fino all’applicazione deli provvedimenti legislativi previsti dalle leggi eversive sulla feudalità del 1806. Successivamente alla fondazione il costruendo casale divenne richiamo per numerosi nuclei familiari che si spostarono da Scigliano, Città Regia, centro della Presila cosentina, in passato luogo d'origine degli abitanti di Serrastretta.

All’epoca della Repubblica Partenopea il Comune guadagnò la sua autonomia amministrativa con inclusione nel Cantone di Catanzaro, per via dell’ordinamento ordinato dai Francesi. In seguito, come Luogo e quindi come Università Sersale venne dapprima inserita, nel così designato governo di Belcastro e più tardi spostata nella competenza di Cropani. Ma vediamo come questo nuovo Casale era visto dagli storici che ne hanno nel tempo descritto le sue particolarità:

Credo che il primo a fare cenno ai Sersale come Casato, qualche anno dopo la verosimile fondazione dell’omonimo Casale, fu Ottavio Beltrano che in relazione ne parlava come di Signori Titolati nella veste di principi di Castello franco[3], come in precedenza citato, poi futura Castrolibero.

Nel 1796, circa un secolo e mezzo dopo, quando Sersale era già nei possedimenti dei Le Piane arrivarono già le prime informazioni per opera dell’Abate Francesco Sacco che in rapporto così annotava: “Sersale. Terra nella Provincia di Catanzaro ed in Diocesi di Catanzaro medesima, situata sopra un monte, d’aria buona, e nella distanza di diciotto miglia dalla Città di Catanzaro, che si appartiene in Feudo alla Famiglia le Piane. In essa Terra sono da notarsi una Parrocchia di mediocre struttura; due Chiese pubbliche sotto i titoli dell’Immacolata Concezione, e di San Pasquale; e due Confraternite Laicali sotto l’invocazione dell’Immacolata, e di Sant’Anna. I prodotti del suo territorio sono grani, grani dindia, legumi, frutti, vini, e castagne. Il numero dei suoi abitanti ascende a duemila cento ventotto sotto la cura spirituale di un Parroco”[4].

Notizie simili, due anni dopo, vennero riportate da Giuseppe Maria Alfano[5], che si ripeté anche nel 1823, opera con la quale confermava che nei possedimenti dei Sersale con il titolo di Principato, oltre a Castelfranco, Terra alla falde degli Appennini e d'aria buona, nella Diocesi di Cosenza, 4 miglia distante da detta Città, vi era anche Marano Principato, pure questa Terra alle radici degli Appennini, d'aria buona, Diocesi di Cosenza, a 4 miglia da detta Città.

Nel 1848 altre utili informazioni arrivarono da Ferdinando De Luca e Raffaele Mastriani[6] riferendo che nei possedimenti dei Sersale vi era Belcastro edificata alle falde di un monte, in distanza di 8 miglia dal mare, 1 da Cropani e 24 da Catanzaro e che Sersale posto sopra una collina sorgeva alla sponda destra del Crocchio, o Mascaro, affluente nel golfo di Taranto, e nel paese vi si teneva una fiera annua.

La contemporanea Sersale si manifesta agli occhi del visitatore proprio dove una volta durante il periodo estivo soggiornavano i mandriani giungenti dal vasto territorio del Reventino. Secondo alcune notizie pare che alcune costruzioni presenti nell’attuale centro storico fossero già presenti già all’inizio del XVI secolo. Inoltre, secondo quanto riportato dal blog uhocularu, “la storia del territorio di Sersale affonda le radici nel periodo greco e romano, come dimostrato dagli scavi archeologici nelle località Borda e Marina di Sersale. Di una certa rilevanza sono degli sporadici ritrovamenti del periodo preistorico. Del periodo medievale risalgono i monasteri italo-greci dei Santi Tre Fanciulli, del IX secolo, in località Casalini-Castania, Santa Maria della Sana, dello stesso periodo e fra i più importanti in Calabria, sito nell'omonima località sulle pendici del Monte Raga, e San Nicola, in località Trebisina-San Nicola, nel 1230 trasformato in castello dai conti Falluch di Catanzaro per ordine di Federico II. Nel monastero dei Santi Tre Fanciulli nel 1217 soggiornò per un certo periodo papa Onorio III. In località Monacaria dove ora rimangono pochissimi resti sorgeva l'importante monastero florense di Santa Maria d'Acquaviva o di Monacaria, costruito nel 1194 direttamente da Gioacchino da Fiore insieme al discepolo Pietro da Cosenza. Anche se rimangono poche tracce fu considerato uno dei più importanti monasteri florensi del massiccio silano. In località Catoie e colle Orlando, sul confine con il comune di Zagarise, si trovano ancora i resti della città di Barbaro che solo per una piccolissima parte interessa il comune di Sersale, mentre i colli e i toponimi che ricordano i paladini di Carlo Magno ricadono interamente nel territorio sersalese”[7].

Tra i diversi autori consultati Amato Amati, offrendo una generale panoramica del Comune, nel 1868 così scriveva di Sersale: “Comune nel Napoletano, provincia di Calabria Ulteriore II, circondario di Catanzaro, mandamento di Cropani. Comprende qualche casale ed alcune case sparse. Ha una superficie di 1618 ettari. La sua popolazione di fatto, secondo il censimento del 1861, contava abitanti 3264 (maschi 1532, femmine 1732); quella di diritto era di 3-1-79. La sua guardia nazionale consta di due compagnie con 235 militi attivi. Gli elettori amministrativi nel 1865 erano 90, e 33 i politici, inscritti nel collegio di Catanzaro. L’ufficio postale è a Catanzaro. Appartiene alla diocesi di Catanzaro. Il suo territorio si stende su vaghe colline, ed è percorso dal Crocchio o Nascaro. Il suolo è feracissimo; l'agricoltura vi è attiva e discretamente intelligente. Bene vi prosperano le viti, l'ulivo, il gelso ed alberi fruttiferi di varie specie; si fanno copiose raccolte di cereali. Non mancano le pasture: vi si alleva la quantità di bestiame che basti ai bisogni dell’agricoltura e del consumo. Scarseggia il selvaggiume. Vi si respira un'aria saluberrima. In una località detta Grippa, zampilla una sorgente d’acqua minerale: è questa sulfureo ferruginosa; ha la temperatura dell'aria ambiente, e si prende in bevanda. Viene consigliata nei casi di dispepsia e di gastralgia. Sersale è una borgata che sorge su d'una collina, presso la sponda destra del Crocchio o Nascaro; e sta a greco ed a 3-1- chilometri da Catanzaro. La sua popolazione accentrata, nel 1861, fu di 3090 abitanti. L’istruzione primaria versa in condizioni abbastanza buone. Annualmente vi si tiene una fiera. Questa borgata appartenne in feudo alla famiglia De Piane”[8].

Vale la pena ricordare come anche Sersale, nel diciassettesimo secolo, come precedentemente era accaduto in tanti altri paesi tra cui Serrastretta e Mandatoriccio, sia stata sede ospitale di una colonia di Albanesi, che da punto di vista sociale non è stata improduttiva, anzi il loro arrivo diede un significativo impulso alla costruzione di castelli, ville e nuovi borghi. In quel periodo si perfezionò l'agricoltura, aumentò la popolazione, e per molti versi si tolse la malinconia e l’indigenza presente in alcuni rioni.

Tra le tante informazioni rintracciate è presente anche una nota di cronaca riguardante lo stato di salute dei fanciulli di Sersale riscontrato nel 1826, quando questi furono colpiti dal colèra, evento sul quale con un articolato rapporto presente in una sua pubblicazione il Dottor Bruno Spadafora[9] allora medico condotto del Comune, informò sulla malattia sviluppatasi nei fanciulli e sul metodo di cura tenuto, nonché lo statino dettagliato delle autopsie cadaveriche eseguite, lo scopo di indagare i caratteri del morbo e le conseguenze della malattia in esame.

Le origini di questa cittadina, circondata da una vasta area montana ricca di folte zone boscose e di acqua, sono abbastanza contemporanee. Ci troviamo di fronte a un centro collocato nella parte nord-orientale della Calabria in provincia di Catanzaro, posto sul fianco jonico dell’altopiano della Sila Piccola. Sotto il profilo ambientale il territorio di Sersale offre grande interesse oltre che per la sua storia anche per il fascino del suo patrimonio naturalistico, rilevante per l’importanza escursionistica e del paesaggio. Negli ultimi anni portata all’attenzione di un vasto pubblico di visitatori è la suggestiva Riserva Naturale Regionale delle Valli Cupe ricca di abbondante acqua, dotata di canyon, cascate, monoliti, gole profonde, alberi centenari e una considerevole varietà di piante.

Per uno come me che non conosce fisicamente il luogo che sta descrivendo evidenziare maggiormente la bellezza della posizione geografica e paesaggistica di Sersale attraverso altri contributi credo sia una ricchezza ai fini della stessa ricerca. Pertanto, ritorno brevemente a parlare dell’Angaro, fondo situato nel feudo di Sellia, dove inizialmente vennero ospitati i contadini di Serrastretta, per proporvi un breve contributo acquisito sul web, nel corso dello studio, a firma di Teresa Riccio, per la sua raffinatezza descrittiva, in quanto ben si sposa con la ricerca nel suo complesso, ma soprattutto per l’interesse che suscitano le informazioni etimologiche e linguistiche riferite alla località e che a riguardo così descrive: “Il Colle “Angaru” è un luogo interno, posto a circa 850 m sul livello del mare, si affaccia sul versante Jonico della costa calabrese tra la città di Catanzaro e la città di Crotone in una natura colorata, silenziosa e di incontaminata bellezza, quieto e punto di incontro tra le alture della montagna e la linea dell’orizzonte marino. Capita spesso in estate e in inverno che il paesaggio si trasformi in una nitidissima cartolina dai colori scintillanti, ma anche in primavera quando il cielo è blu come l’acqua del mare in cui in lontananza si rispecchia l’orizzonte.

Camminando da certi punti, in lontananza, si vede un immenso orizzonte, con i paesi e le opere dell’uomo distese come su una grande coltre. Bellissimo da guardare e immaginare di toccare. Un crocevia di vite, di storie, di sogni, un palcoscenico grande, sopra cui si rappresentano, da sempre le vicende e le gesta dei viventi di questa parte del mondo. Il mare è lontano, ma non troppo, però il viaggiatore o il residente può crogiolarsi in una bellezza naturale, paesaggistica e ambientale, alla scoperta della storia di questo luogo. Il castagneto dà il benvenuto, ritempra l’anima e il corpo, abbraccia con i suoi colori il visitatore. Il castagno, albero sempre caro perché “albero del pane”, nel 19° secolo risorsa primaria per la sopravvivenza della gente di montagna, in grado di fornire prodotti indispensabili, legna per riscaldarsi e cibo per nutrirsi.

L’etimologia di questa sognante zona castanicola, “Angaro”, ci fa pensare al mondo feudale quando i contadini erano soggetti a vessazioni da parte dei signori feudatari, i quali operavano ogni sorta di angheria verso la povera gente. Secondo le fonti orali, dato che dal colle passava una antica strada borbonica, i boscaioli e carbonai che scendevano dalla Sila, passando dovevano pagare il pedaggio ai proprietari. Il nome dal tardo latino: Angarìa(m), che è dal greco Angaréia, derivato da angaros, corriere a cavallo del re di Persia, che poteva far requisizioni e imporre tasse nei paesi attraversati. Il luogo denominato “Colla e l’angaru”, conferma appunto tali vessazioni. Secondo altre fonti bibliografiche il colle viene denominato “Argano” (una specie di gru utilizzata per sollevare pesi). Tale nome venne usato anche dal parroco Don Pasquale Perri nella sua Memoria Storica del Comune di Sersale. Però gli abitanti di Sersale non hanno mai fatto uso di questo toponimo. Quindi né in passato né ora esiste memoria di “Argano”.

Anticamente Angaru: “zona di vegetazione spontanea solo parzialmente utilizzata e senza insediamenti stabili rilevanti” (G. Galasso), latifondo che insieme a Murinu, altra nota località esterna al centro abitato di Sersale, venne concesso in enfiteusi ai coloni di Serrastretta dai Baroni Sersale il 3 Agosto 1620. In quei tempi nel luogo esisteva solo un’antica e rustica dimora dei baroni, i quali vi si fermavano nel corso di qualche visita alle loro terre, lungo il percorso da Belcastro a Sellia. Da questa zona passavano boscaioli provenienti da Cropani e le mandrie in transumanza. Alla fine del Settecento “nel cugno della terra di Angaro”, si insediarono boscaioli provenienti dall’Alto Nicastrese, che coltivarono i terreni e vi si stabilirono definitivamente”[10].

Dal punto di vista urbanistico, l’abitato si dirama sulla meridionale striscia collinare dei declivi del colle Angaro, fino alla parte anteriore dell’Uria, tipico fiume a regime torrentizio dell’Italia meridionale, dal letto largo e ciottoloso e per gran parte dell’anno asciutto.

Sersale sede del Museo Agorà dell’Arte, avviato negli anni ’80 con l’obbiettivo di esaltare le opere degli artisti locali, possiede anche un interessante patrimonio storico-architettonico che comprende alcuni importanti palazzi: Colosimo, oggi attuale sede del Municipio, Talarico, Gentile oltre che edifici religiosi e di culto, come le chiese, sulle quali ho ritenuto opportuno avvalermi della interessante descrizione della Proloco proposta sul proprio sito web che riporto integralmente. Secondo le informazioni storiografiche dunque per la parrocchiale di Sant'Anna, è scritto, “bisogna aspettare il 1790 per l’elevazione a Parrocchia di Sant’Anna, con la conseguente divisione del paese dal punto di vista della giurisdizione ecclesiastica. La festa di Sant’Anna si celebra il 26 luglio, preceduta da un novenario di preghiera. È situata nella parte alta del paese. Costruita nel 1680 ha annessa una torre campanaria che si eleva su due livelli. La facciata principale è scandita da lesene doriche. Il portale d’ingresso, ad arco, è fiancheggiato da colonne che poggiano su grandi bugne squadrate e lisce ed è sormontato da una finestra ad arco, chiusa da vetri policromi. Sulla copertura svettano tre statue, quella centrale raffigura un Cristo con la croce e quelle laterali San Pietro e San Paolo. Vi si accede per mezzo di due scalinate laterali che convergono su un ballatoio con balaustra arricchita da colonnine tornite. L’interno della chiesa, a una sola navata, è decorata con lesene di ordine corinzio e ha il soffitto a cassettoni. Dietro l’altare maggiore campeggia la statua di Sant’Anna conservata in una teca del tabernacolo in legno intagliato. Vi sono anche altre statue di santi, tra le quali quelle di San Francesco e di Santa Rita”[11].

Relativamente alla chiesa di San Pasquale, la Proloco così riporta: “Un’autentica manifestazione di religiosità popolare fu l’edificazione della Chiesa di San Pasquale cui fu affiancato l’omonimo convento (oggi sede dell’A.S.L.). La devozione a San Pasquale fu alimentata intorno al 1730 da un certo Luca Arcuri. La festa del Santo si celebrò dapprima il 17 maggio, poi, con l’istituzione dell’omonima fiera, si trasferì alla terza domenica di settembre. La piccola chiesa è ubicata nella parte bassa del paese, in Piazza Carmela Borelli. Ha annessa una torre campanaria a base quadrangolare. La facciata principale è caratterizzata da un interessante non finito. Il portale d’ingresso preceduto da una piccola scalinata, è ad arco sormontato da una monofora dotata di vetri policromi. Al centro un immagine di San Pasquale circondato da una cornice ovale in gesso. L’interno è a una sola navata e conserva, oltre alla statua cui è dedicata, la statua di Sant’Agnese e quadri raffiguranti monaci santi”[12].

La chiesa dell'Immacolata, invece, sempre secondo la Proloco, “adiacente alla Chiesa Madre è sorta verso la fine del ‘600 […], con funzione di oratorio, dove tuttora si possono ammirare dipinti di scuola napoletana seicentesca, di grande valore; l’altare ricco di fregi intagliati nel legno e la statua dell’Immacolata anch’essa in legno. Questa chiesa ha un’alta torre campanaria, cuspidata, alla quale si accede da un portale ad arco sormontato da un basso rilievo raffigurante un angelo. Ha una sola navata, custodisce un altare ligneo di pregevole fattura. Ristrutturata, è stata da qualche anno restituita al culto”[13].

Anche per quanto concerne la Chiesa Madre della Madonna del Carmine (o del Carmelo) desta interesse la rappresentazione dell’Associazione sersalese la quale a riguardo scrive che “intorno al 1630, dopo circa dieci anni dalla fondazione di Sersale fu edificata la Chiesa di Santa Maria del Carmine, con il contributo operoso della popolazione; per il suo sito venne scelto un colle nei pressi del luogo dove già esisteva una croce a guisa di icona. Nel 1634 la stessa venne elevata a chiesa parrocchiale, per cui il popolo ebbe la possibilità di celebrarvi, oltre le normali funzioni del culto, i sacramenti del Battesimo e del Matrimonio.

La struttura è stata edificata nella seconda metà del ‘500, e realizzata in stile rinascimentale; sotto il pavimento fu lasciato un grande vuoto per il sepolcreto. La nuova Chiesa venne dedicata alla Madonna del Carmine, che, da allora, fu anche invocata come Patrona del Paese. La festa, preceduta da un novenario di preghiera, si celebra il 16 luglio ed è allietata dalla presenza dell’omonima fiera che dura due giorni.

Nei primi anni la chiesa fu considerata dall’autorità religiosa una cappella rurale e saltuariamente venivano a celebrarvi messa sacerdoti dei centri vicini. Presto, però, per l’aumento della popolazione, il vescovo, con bolla del 17 ottobre 1634, la elevò a Parrocchia nominando primo parroco del casale don Giovanni Domenico De Simone.

Attualmente ha una facciata in stile neoclassico scandita da quattro alte lesene scanalate, dotate di capitello composito. Tra esse tre nicchie ospitano le statue di Sant’Antonio, San Giuseppe e la Madonna con il Bambino.

Al portale d’ingresso, rettangolare e sovrastato da un timpano triangolare con decorazioni a basso rilievo, si accede attraverso una grande scalinata in pietra.

La massiccia torre campanaria, a destra, funge anche da torre dell’orologio e, alla sommità, ha una piccola balaustra sormontata da un piccolo campanile a vela. L’interno è a tre navate divise da grandi archi che poggiano su pilastri decorati da lesene di ordine corinzio. Sulla destra, entrando, si può ammirare una statuetta in marmo alabastrino della Vergine, risalente al XVIII sec., opera di autore ignoto”[14].

Infine, sulla chiesa del Monte Crozze, le informazioni date ci dicono che “nel 1909, fu eletto arciprete della Chiesa del Carmine don Felice De Fazio. Si deve a lui la costruzione della Chiesetta sul Monte Crozze (la cui festa della Madonna si celebra l’8 e il 21 marzo), opera per cui ottenne il consenso di tutta la popolazione e notevoli contributi in denaro da parte degli emigrati sersalesi in America. La chiesetta è stata edificata nel 1935, precisamente nel luogo in cui il Beato Antonio da Olivadi nel ‘600 piantò una croce.

Costruita con mattoncini rossi, ha una cupola rivestita in rame e una pianta esagonale. Questa chiesetta è raggiungibile tramite un percorso votivo particolarmente scosceso; sul percorso sono state collocate dei tabernacoli con tavolette in ceramica della Via Crucis. L’area votiva con la chiesetta è meta di due processioni che i fedeli fanno in segno di ringraziamento alla Madonna. Una tradizione molto sentita dai sersalesi è quella di portare in processione la statua della Madonna del Carmine sul Monte Crozze nei giorni dell’8 e del 21 marzo. Questa tradizione è legata a quanto accaduto in Sersale nell’anno 1832. La zona, infatti, fu interessata da un violento terremoto, con successivi pesanti strascichi, legati al sisma. La cittadinanza, non avendo alcun mezzo per difendersi dalla calamità, si affidò, tramite la preghiera, alla Madonna del Carmelo, protettrice del paese. Cessato il pericolo, i sersalesi sentirono il bisogno di ringraziare la Madonna e lo fecero portando la sua statua sul vicino Monte Crozze, già da tempo meta di pellegrinaggio in quanto vi esisteva una croce in legno, che la tradizione tramandava fosse stata portata sul luogo dal frate cappuccino Antonio da Olivadi. La cosa fu ripetuta anche l’anno successivo e da allora i sersalesi non persero l’abitudine a rifare il pellegrinaggio due volte all’anno, per l’appunto l’8 e il 21 marzo. Nel 1935 grazie all’iniziativa dell’arciprete Rev. Don Felice De Fazio e con la partecipazione del lavoro dei cittadini ed il contributo degli emigrati venne eretta l’attuale chiesetta. Da notare che l’8 marzo la Madonna è vestita di nero e le campane accompagnano la processione con il suono a mortorio in segno di lutto, al contrario il 21 la Vergine indossa il Suo bel manto azzurro ed è accompagnata dalle campane a festa. In tempi antichi la Madonna rimaneva per tutto il periodo nella chiesetta, sempre frequentata in segno di devozione e ringraziamento”[15].

Tra i monumenti spicca quello dedicato a Carmela Borelli, una madre straordinaria che offrì la sua vita, morendo subito dopo aver salvato quella dei suoi figli protetti con il proprio corpo e i suoi indumenti, mentre rientrava a Sersale suo paese di nascita, nella cui circostanza una imprevista tempesta di neve si abbatté nei campi della Presila Catanzarese il lontano 21 febbraio 1929.

Per quanto riguarda l’economia, questa si fonda sui consueti settori dell’agricoltura, costruita sul lavoro dei campi e la produzione di grano, olivo, uva e ortaggi in genere. Segue l’allevamento del bestiame in particolare dei suini utilizzati nella filiera di trasformazione dei prodotti tipici locali quali i salumi sempre preparati secondo la tradizione calabrese che prevede l’aggiunta del fiore di finocchio e del peperoncino, dei caprini, ovini e bovini impiegati oltre che per la produzione della carne anche per quella del latte e della produzione di diversi tipi di latticini. Largo è lo sfruttamento dei boschi per la produzione di legname in genere e del sottobosco, dove rilevante è la raccolta delle castagne e dei funghi. Con uno sguardo al passato, questo è stato possibile proprio grazie al trasferimento di tante famiglie che in queste terre hanno dato vita alla loro coltivazione. L’acqua e la connessa fecondità delle stesse sostenne la testardaggine di quegli agricoltori, tanto che prontamente fiorì nel territorio sersalese anche la coltivazione del gelso, con il relativo allevamento del baco da seta.

Il settore industriale è rappresentato da alcune piccole aziende che agiscono nell’alimentare, nell’edilizia, nella metallurgia. Relativamente all’artigianato interessante risulta tuttora la lavorazione del ferro battuto e del legno. Come in tutti i paesi, inoltre, anche a Sersale è facile incontrare ancora chi pratica vecchi mestieri come il sarto, il falegname, il calzolaio e tanti altri.

Come tutti i contributi realizzati, anche quello di Sersale compilato con l’aiuto delle numerose informazioni acquisite, alcune riportate integralmente, è il risultato di una emozionate ricerca storiografica, che descrive la storia di questa importante comunità presilana, depositaria di antiche memorie e abitudini, che hanno certamente favorito lo svilupparsi di un sentimento collettivo fondato sulla fatica e sulla forza e la bravura della sua gente. Spero solo che questo potrà ancora di più rafforzare negli abitanti di Sersale in primis e in quelli del territorio del Reventino il senso della propria appartenenza a questa meravigliosa terra.


Bibliografia

[1] Storia Comune di Sersale, in http://www.comune.sersale.cz.it/index.php?action=index&p=76 26/

[2] Virginia TODARO, Palazzo Sersale a Cerisano, Un esempio di architettura rinascimentale in Calabria, Pellegrini Editore, Cosenza, 2008, p. 69. [(28) Cfr. A. ANELLI, A. SAVAGLIO, La Storia di Castrolibero e Marano…pp. 130, 132; (29) A questo punto bisogna distinguere in: 1) palazzi di residenza abituale…(30) L. BILOTTO, Cerisano, Castelfranco…p. 67]

[3] Cfr. Ottavio BELTRANO, Breve descrizione del Regno di Napoli diviso in dodici provincie, Napoli 1644, p 99.

[4] Abate Francesco SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli…, Tomo III, Presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI, p. 413.

[5] Cfr. Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, presso Vincenzo Manfredi, Napoli MDCCXCVIII, p. 114; Cfr. Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, Dai Torchi di Raffaele Miranda Napoli 1823, pp. 163, 169, 207, 208.

[6] Cfr. Ferdinando DE LUCA, Raffaele MASTRIANI (a cura), Dizionario corografico universale dell’Italia, Volume Quarto, Parte Prima, Reame di Napoli Stabilimento di Civelli Giuseppe e Comp., Milano 1852, pp. 88, 251, 252, 875.

[7] Sersale storia, in https://uhocularu.wixsite.com/uhocularu.

[8] Amato AMATI, L’Italia Sotto l’aspetto Fisico, Storico, Letterario, Artistico, Militare e Statistico, Parte Prima Dizionario Corografico dell’Italia, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, Roma, 1868, p. 567.

[9] Cfr. Bruno SPADAFORA, Memoria sul la Colèra De’ Fanciulli, sviluppatesi nel Comune di Sersale sul finire dell’Età dell’Anno 1826, dalla Tipografia di Giuseppe Severino, Napoli, 1827.

[10] T. RICCIO, Colle Angaro, in http://www.colleangaro.it/storia/ 26/, [Bibliografia, A. GABRIELLI, Il Grande Dizionario 2008, Hoepli; P. PERRI, Memoria storica del Comune di Sersale, Catanzaro 1910; T. RICCIO, Il castagno nella tradizione di una Comunità Presilana, Sersale (CZ), Milano, Gruppo Editoriale L’Espresso, 2009; Cfr: M. SCARPINO, “SERSALE, “Storia di una comunità presilana”, Sersale, 2011]

[11] Architettura sacra, Chiesa di Sant’Anna, in http://www.prolocosersale.it/index.php?&set=843&dom_id=&dom_sld=prolocosersal...

[12] Architettura sacra, Chiesa di San Pasquale, Ibidem.

[13] Architettura sacra, Chiesa dell’Immacolata, Ibidem.

[14] Architettura sacra, Chiesa Madre (Santa Maria del Carmelo), Ibidem.

[15] Architettura sacra, Chiesa del Monte Crozze, Ibidem.

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