Franco Emilio Carlino
Borgo della provincia di Catanzaro, sul versante ionico della Sila Grande, le cui fondate testimonianze storiche ne giustificano la sua fondazione grazie all’arrivo dei tanti profughi dei Casali cosentini colpiti dal terribile e distruttivo terremoto del 27 e 28 marzo 1638 (Sabato e Domenica delle Palme), che mise in ginocchio sotto il profilo economico e sociale un’area molto estesa della parte centro-settentrionale della Calabria Citra. I profughi, molti di Carpanzano e di Scigliano, rimasti privi di ogni avere si avviarono verso la ricerca di nuove località più sicure e tranquille. Tra queste la contrada chiamata Pelleca, facente parte della florida terra di Umbriatico, ricca d'acqua necessaria alla coltivazione dei campi e all'allevamento, dove inizialmente fissarono la loro dimora. Secondo le diverse fonti storiche pare che ad invitarli a trasferirsi nella menzionata contrada di Pelleca, facente parte della Diocesi di Umbriatico, sia stato proprio il vescovo mons. Antonio Ricciulli, successivamente vescovo della Diocesi di Cosenza. I raminghi, però, mal sopportati dagli stessi abitanti del luogo, che probabilmente vedevano in tale insediamento un pericolo ai loro interessi, furono costretti a spostarsi verso altre terre più accoglienti e ospitali.
Fu, infatti, Carlotta Savelli (1608-1692), appartenente alla nobile famiglia dei Savelli di Albano (Roma), cittadina della quale la stessa fu principessa e signora di Ariccia, che in qualità di feudataria di Verzino, con la sua magnanimità ospitò i terremotati provenienti in particolar modo da Carpanzano e Scigliano, tra il verde degli alberi di Cropisia, in località Scalzaporri, i quali congiungendosi con altri abitanti dei luoghi vicini, diedero vita al nuovo Casale chiamato appunto Savelli in omaggio alla generosa principessa per la sua ospitalità. Praticamente a portare a soluzione la difficile situazione che si era venuta a creare fu l’amministratore del Principe di Cariati che provvide a trasferire da Pelleca nel fondo Scalzaporri, in territorio di Verzino, un certo numero di profughi, dove era già esistente un piccolo villaggio, per la circostanza volutamente ampliato. Quelli che invece rimasero senza un giusta sistemazione accettarono la sollecitazione di Teodoro Mandatoriccio, Duca di Crosia, a trasferirsi nel costruendo nuovo Casale di Mandatoriccio, dove poi stabilirono la loro dimora.
Ritornando brevemente al terremoto va affermato che si trattò di un sisma violento e fortemente distruttivo, caratterizzato da una sequenza di almeno tre scosse separate una dall’altra, ma tutte brutali negli effetti prodotti. La terra non finiva di tremare. La prima scossa del Sabato colpì numerosi borghi del Reventino tra cui Carpanzano, Conflenti, Diano, Grimaldi, Mangone, Martirano, Motta Santa Lucia, Rogliano, Savuto e Scigliano, compresi nel territorio incluso tra l’alta Valle del Crati e quella del Savuto, adagiata sul limite geografico tra le province di Cosenza e di Catanzaro. Successivamente, il giorno della Domenica delle Palme, le altre due violenti scosse interessarono nella distruzione una vasta zona del vibonese in corrispondenza della Piana di Sant’Eufemia e delle Serre occidentali calabresi. Terremoto che si ripeté con maggiore intensità nello stesso anno l’8 giugno 1638 producendo pesanti danneggiamenti in prevalenza sulla parte ionica della Sila.
Anche questo secondo terremoto creò le condizioni per nuovi trasferimenti di profughi, che rimasti senza casa e privi di ogni cosa, lusingati dalle migliori aspettative per la propria vita risposero positivamente alla chiamata dei propri compaesani a recarsi nei siti già da loro occupati creando così una maggiore consistenza demografica in particolare nei nuovi casali di Savelli e Mandatoriccio.
Ma, oltre a provenire da una nobile famiglia, chi era veramente Carlotta Savelli. La principessa nacque a Roma da Paolo Savelli, I principe di Albano e da Caterina Savelli, signora anche lei di Ariccia, cittadina nei pressi di Roma. Carlotta si unì in matrimonio con il duca di Carpineto, Pietro Aldobrandini con il quale generò due figlie. Morto il marito nel 1621 e peggiorata la situazione familiare nel 1930 si trasferì in Calabria e in un secondo momento a Napoli come facevano la gran parte delle famiglie nobili del tempo. In Calabria convolò nuovamente a nozze, il 4 ottobre 1633, con il principe di Cariati, Scipione Spinelli acquisendone anche il titolo di principessa. Secondo le diverse fonti storiche, Carlotta fu anche duchessa di Castrovillari, di Seminara, e baronessa di Verzino. Con Scipione generò nove figli tra i quali si vuole ricordare Giovambattista Spinelli che nel 1652 sposò Giovanna Caracciolo. Venne a mancare a Napoli, alla veneranda età di 84 anni, nel 1692.
La storia di Savelli attraversa senza dissonanza alcuna quella di Mandatoriccio, mio paese natale, affacciatosi alla storia con le medesime modalità per via della magnanimità del feudatario del tempo Teodoro Dionigi Mandatoriccio che in quel periodo stava costruendo il nuovo Casale di Mandatoriccio in territorio di Pietrapaola al quale diede il suo nome, e che ospitò molti raminghi provenienti dagli stessi Casali cosentini, in particolare di Scigliano e Carpanzano. Ma la storia ci consegna altro. Molte di quelle famiglie per trovare ospitalità furono in qualche modo costrette dalla sorte a dividersi sistemandosi alcune a Savelli ed altre a Mandatoriccio importando con loro usi, costumi e tradizioni che tra i due paesi rimangono a distanza di secoli comuni. I due borghi di Savelli e Mandatoriccio per tale motivo vengono ancora oggi presentate come fratello e sorella. Alcune vie di Savelli sono simili nella toponomastica a quelle presenti a Mandatoriccio e viceversa. La Chiesa Madre di Mandatoriccio che originariamente era invocata a San Nilo per la maggiore vicinanza a Rossano, patria del santo rossanese, e per la devozione dello stesso feudatario, più tardi cambiò nome prendendo la denominazione di Chiesa di San Pietro e Paolo come quella di Savelli.
Questa continuità si riscontra anche in moltissimi cognomi. Basta pensare che a Savelli le famiglie arrivate come profughi, come riportato dalle informazioni storiche presenti sul Blog uhocularu, furono identificate attraverso i seguenti cognomi: “Arcuri, Astorino, Caligiuri, Cristiano, Fabiano, (Di) Fazio, Gentile, Grande, Greco, Gualtieri, Mancuso, Mascaro, Manfredi, Mauro, Pontieri, Rocca, Sacco, Scalise, Scarpino, Tallarico, Torcasso. I residenti (chiamati Marzi) riportavano i cognomi di Ananina, Capalbo, Chiarello, Drogo, Giordano, Lucente, Marasco, Molinaro, Pugliese, Rotundo, Spina, Vecchio. Successivamente i due gruppi si fusero con i matrimoni”[1]. Per dare maggiore peso a quanto già detto, vorrei fare osservare che molti dei cognomi appena menzionati sono presenti anche nell’onomastica comunale di Mandatoriccio, come per esempio solo per ricordarne alcuni: Astorino, Caligiuri, Fazio, Gentile, Grande, Greco, Mancuso, Manfredi, Mauro, Scalise, Scarpino, Tallarico.
Quanto in qualche modo è stato sopra segnalato è confermato e si manifesta anche attraverso le parole presenti sul sito del Comune di Savelli che così riporta: “Gli abitanti di Savelli e quelli di Mandatoriccio sono dunque legati da una comune storia che ha origine drammatiche, gli stretti vincoli, non solo spirituali ma anche di sangue, con “i parenti” di Mandatoriccio, sono sempre apparsi forti, vivificati forse nella memoria passata e presente da quella comune origine che li richiama ancora oggi ad uno spirito di fratellanza, ad un comune sentire che si conserva nei cognomi, nei nomi di alcuni rioni, e ad un senso di accoglienza e di ospitalità dei due paesi veramente singolari”[2].
Come per gli altri paesi, sui quali mi sono già ampiamente soffermato, anche per Savelli va rilevato che nel tempo non sono stati pochi coloro che ne hanno fornito utili informazioni storiche. Tra i primi a parlarne va annoverato lo storico Tommaso Aceti[3] che nella sua opera scriveva della presenza di un Casale denominato Savelli posto nella contrada Scalzaporri nel territorio di Verzino costruito nel 1640 per opera di Carlotta Savelli, romana, da cui prese il nome. Informazione -scriveva ancora l’Aceti- già sostenuta anche dal prete e storico Domenico Martire.
Fu poi l’Abate Francesco Sacco che nel 1796 così la descriveva: “Savelli. Terra Regia nella Provincia di Cosenza, ed in Diocesi di Gerenzia, la quale giace sopra un colle, d’aria buona, e nella distanza di quaranta miglia in circa dalla Città di Cosenza, e di dieci da Cariati. Questa Regia Terra ha una Parrocchia di mediocre struttura; ed una Confraternita laicale con Chiesa propria sotto il titolo del Santissimo Crocifisso. Il suo territorio produce grani, legumi, frutti, vini, noci, ghiande, ed erbaggi per pascolo di greggi. Il numero de’ suoi abitanti ascende a duemila e duecento sotto la cura spirituale di un Arciprete”[4]. In seguito fu Giuseppe Maria Alfano a fornire una breve nota nel 1798 nella quale sostiene la presenza di una popolazione pari a 2.213 abitanti, e successivamente una più ampia descrizione nel 1823 dalla quale emerge soprattutto quello che era il suo potere feudale su alcune terre viciniori come: “Belvedere Malapezza. Terra sopra un monte scosceso d'aria buona, Diocesi di Gerenzia, 6 miglia distante da detta Città, e 50 da Cosenza. Il suo titolo di Baronia è di Savelli. Produce grani, grani dindia, legumi, vini, olj, lini, e pascoli. Fa di pop. 582; Cerenzia, Città Vescovile, annessa alla Chiesa di Cariati sopra nn monte cinto da rupi, d'aria cattiva, 50 miglia da Cosenza distante. Il suo titolo di Principato è di Januzzi Savelli. Un tempo chiamossi Pumeto. Fu ammorbata dalla peste nell'anno 1528. Produce grani, legumi, frutti, vini, olj, ghiande, manna, cave di sale, solfo, e gesso. Fa di popolazione 419; Monte Spinello. Terra sopra un monte cinto da rupi, d'aria buona, Diocesi di Gerenzia, 8 miglia distante da detta Città, e 60 da Cosenza. Il suo titolo di Baronia è di Jannuzzi Savelli. Produce grani, grani dindia, legumi, frutti, agrumi, ghiande, lini, ed erbaggi. Fa di pop. 530; Zinga. Terra alle falde d'un piccol Monte, d'aria buona, Diocesi d'Umbriatico, 36 miglia da Cosenza distante. Il suo titolo di Baronia è di Savelli. Produce grani, legumi, frutti, vini, ed erbaggi. Nel suo Tenimento vi è una miniera di sale. Fa di pop. 426”[5].
Alle informazioni dell’Aceti fa riferimento un altro uomo di chiesa, l’Abate D’Avino[6] che come sempre nella sua puntuale ricostruzione fornisce soprattutto molti elementi religiosi. In questo caso sosteneva che nel nuovo Casale di Savelli andavano sempre più crescendo la popolazione, occupato nel 1795 da 1056 abitanti, e che già nel 1816 era di 2187 e che a Savelli in quel tempo era presente la chiesa arcipretale di S. Pietro e Paolo e la confraternita detta del Crocifisso. Inoltre da lui si venne a sapere che il Casale, baronia dei Giannuzzi, aveva 1600 fedeli e godeva il patrocinio di Nostra Donna della Concezione, venerata in quella chiesa arcipretale curata del medesimo titolo.
Savelli, su di una collina a piè della quale scorre il fiume Lese, sta ventiquattro miglia distante da Crotone, e tredici da Cariati, scrivevano ancora Ferdinando De Luca[7] e Raffaele Mastriani nel 1852. “Ha territorio assai fertile e vispira aria purissima. - E' compreso nel circondario di Umbriatico, distretto di Crotone, diocesi di Cariati, provincia di Calabria Ulteriore II con sua speciale amministrazione, ed abitanti 2500”.
Altri dati e ragguagli, che seguono quanto anticipato dal Zuccagni-Orlandini[8] sia per ciò che riguarda la presenza di una Fiera annua a Savelli della durata di tre gironi detta di S. Pietro sia sulla consistenza demografica, sono forniti nel 1868 da Amato Amati che così dissertava: “Savelli Comune, comprende qualche Casale ed alcune case sparse. Ha una superficie di 1923 ettari. La sua popolazione di fatto, secondo il censimento del 1861, contava abitanti 3966 (maschi 1990, femmine 1976); quella di diritto era di 3976 a tutto il 31 dicembre 1869. La popolazione di fatto ascendeva a 4952 abitanti (maschi 2068, femmine 2184). La sua guardia nazionale consta di due compagnie, che, nel 1861, aveano 200 militi attivi: attualmente (1870) i militi attivi sono 230. Gli elettori amministrativi nel 1865 erano 53, e 14 i politici, inscritti nel collegio di Crotone: sul principiare del 1870 gli elettori amministrativi erano 45, e 19 i politici. Ha ufficio postale: è sede di pretura di mandamento, ha stazione dei R. Carabinieri ed ufficio del registro e bollo. Avea pure una delegazione di pubblica sicurezza, che è stata soppressa. Appartiene alla diocesi di Cariati.
Il suo territorio, in gran parte rinserrato da considerevoli elevazioni, viene percorso dal Leso, affluente di destra del Neto. Il suolo è feracissimo: l’agricoltura però è né molto attiva, né scevra dai secolari pregiudizi. Vi si fanno copiose raccolte di cereali: numerosi sono gli alberi fruttiferi, ed eccellenti e meritamente ricercate riescono le frutta: le viti costituiscono la principale risorsa del paese.
Vi sono estese pasture, ed abbondano le piante ghiandifere, perché vi si alleva una ragguardevole quantità di bestie bovine e di animali suini. Non difetta il selvaggiume. Le strade comunali e vicinali misurano complessivamente pochi chilometri, e non sono tenute in molto buon stato: abbondanti e buone sono le acque potabili: vi si respira un aria saluberrima.
Savelli è un paese di bell’aspetto, che poggia sovra una deliziosa collina, appiè della quale scorre il Leso: dista 56 chilometri da Crotone. Lo stato dell'istruzione primaria va sempre migliorando. Le relazioni commerciali sono poco vive. Alcune delle surriferite notizie debbonsi alla cortesia dell'onorevole Sindaco di questo comune”[9].
Ulteriori elementi su Savelli, posta nel territorio della Provincia di Catanzaro, Calabria Ulteriore, sede di alcuni importanti uffici amministrativi e giudiziari, oltre che Capoluogo di Mandamento nel Circondario di Crotone, si possono ancora rintracciare nell’opera di Salvatore Muzzi[10] e nell’Annuario Italiano[11] del 1876 che assegnava al Borgo una consistenza demografica pari a 4.138 abitanti. Lo stesso Annuario informava inoltre che Savelli era sede di Distretto, dell’Ufficio Postale, della Pretura, il suo Capoluogo di Provincia era Catanzaro, come Collegio elettorale faceva parte di Crotone e come Tribunale Civile, correzione, Corte d’Assise e Corte d’Appello dipendeva da Catanzaro, mentre per quanto atteneva la Cassazione dipendeva da Napoli.
Riguardo al suo profilo storico, Savelli accompagnò le vicende feudali di Cariati fino al 1668 essendo Carlotta Savelli moglie del principe di Cariati, Scipione Spinelli. Dopo tale data, come informa Gustavo Valente, divenne Casale di Verzino acquistato dai Cortese, “ai quali venne confiscato in seguito alla partecipazione di Nicolò Cortese alle trame austriache nel Regno di Napoli. Al tempo della Repubblica Partenopea, il Generale Championnet, disponendo l’ordinamento amministrativo della Calabria, includeva Savelli nel Cantone di Crotone. I francesi, per la legge 19 gennaio 1807, ne facevano un Luogo, ossia Università, nel cosiddetto Governo di Umbriatico. Ma, nel riordino disposto per decreto 4 maggio 1811, istitutivo dei Comuni, ne facevano una frazione di Verzino, nel Circondario di Campana. La riforma disposta dal Borbone per legge 1° maggio 1816, in virtù della quale veniva disposta l’istituzione della terza provincia, quella di Reggio, Savelli riacquistava l’autonomia comunale, ed aggregato, assieme a Verzino, nel Circondario di Umbriatico, veniva con questo trasferito nella provincia di Catanzaro. Per decreto 6 luglio 1847 veniva elevato a capoluogo di Circondario in sostituzione di Umbriatico, comprendente i Comuni di Caccuri, Casino, Cerenzia, Umbriatico e Verzino”[12]. Oltre a quanto già riportato dal Valente si aggiunge che dopo i Cortese, nel 1762, Savelli passò sotto l’amministrazione dei Barberio Toscano di San Giovanni in Fiore, e vi rimase fino al 1804 anno in cui fu dagli stessi acquistato. Durante tale periodo, per la precisione nel 1796, secondo alcune fonti storiche, don Vincenzo Arcuri, sacerdote del luogo, subì ritorsioni pagando con la morte il gesto di aver comunicato al sovrano borbonico i maltrattamenti subiti dai suoi compaesani da parte di Nicola Barberio Toscano, feudatario dell’epoca. In occasione delle proteste per l’occupazione delle terre, a pagare con il carcere, invece, per aver guidato una contestazione di braccianti a San Giovanni in Fiore, fu un altro sacerdote di Savelli, don Giuseppe Rotundo.
La Savelli odierna è un grazioso e piccolo Borgo collocato su un contrafforte alle pendici del Timparello di Gazzera, una vetta dalla quale si può essere appagati di panorami straordinari spaziando dalle stesse alture dell’altopiano silano sino alle collinette coltivate del marchesato crotonese. Savelli si trova a 1.014 metri sul livello del mare con una variazione altimetrica compresa tra i 275 e 1.474 m. Sistemato tra la lussureggiante vegetazione della Sila Grande e della media vallata del fiume Lese, appartiene alla provincia di Crotone da cui dista 58 km. La popolazione residente, secondo recenti rilevazioni statistiche, è di 1.265 abitanti di cui 621 M e 644 F distribuite su una superficie di 48,50 kmq e una densità per kmq pari a 26,1 abitanti, denominati Savellesi. Il suo etimo come già si è detto deriva dal cognome della feudataria del tempo Carlotta Savelli.
Il suo territorio, ricco di storia, tradizione e cultura, confinante con i Comuni di Bocchigliero, Campana e San Giovanni in Fiore posti sulla parte ionica della provincia di Cosenza e Castelsilano e Verzino in provincia di Crotone, fa parte della Comunità Montana dell’Alto Crotonese, Regione Agraria n. 1 – Montagna di Savelli, inserita nel Parco Nazionale della Sila.
La sua economia sin dalle origini si basò prevalentemente sui settori dell’agricoltura e dell’allevamento in simbiosi con l’ambiente circostante, ai quali più tardi si aggiunse anche l’artigianato. “I primi coloni, -è riportato sul sito web uhocularu- vista la ricchezza di sorgenti d'acqua, terrazzarono con muretti a secco tutti i terreni vicini alle sorgenti e vi impiantarono frutteti, oliveti, vigne, orti. Seminarono i terreni più pianeggianti. Vicino al fiume Lese impiantarono i primi mulini e le filande. In collina costruirono palmenti e frantoi, forni e fornaci. Moltissimi vivevano nei pagliai di canne e legna, altri costruirono le prime casette (di 30/40 mq.) munite di caminetto, che servivano da cucina e camera da letto per tutti i componenti del nucleo familiare. Allevarono numerosi ovini e caprini, per il latte e i formaggi. Per la carne utilizzarono i suini. Successivamente furono raggiunti da artigiani: muratori, cestai, barilai, calderai, conciatori, fabbri, falegnami, sarti. In maggioranza erano braccianti agricoli. Le donne, fin dalla tenera età coadiuvavano i famigliari in tutte le attività”[13]. I prodotti agricoli principali oggi maggiormente coltivati sono cereali e uva, mentre un rilevante peso per l’economia del luogo è rappresentato dalle ricche distese boschive di castagni, pini, faggi e cerri, che alimentano una interessante attività industriale del legname.
Particolarmente interessante è il patrimonio architettonico, in particolare quello degli edifici religiosi con le chiese: dei Santi Pietro e Paolo, venerati Patroni del paese e festeggiati il 29 di giugno. Parrocchia dal 1824, fondata -come risulta dal Sistema Informativo Unificato per le Sovrintendenze Archivistiche- “tra il 1650 ed il 1700 dalla principessa di Verzino nell'antica strada che collegava la cittadina alla valle del Neto lungo la quale si trova il vecchio ponte sul torrente Sanapite, di Santa Maria delle Grazie (detta Jesulella), del Divino Amore sita nel Villaggio Pino Grande, una frazione distante appena 2,5 km dal centro di Savelli, dove negli ultimi cinquant’anni si è sviluppata fortemente l’edilizia residenziale a scopo turistico con la nascita di non pochi fabbricati immersi nel rigoglioso verde della Sila, e infine la piccola chiesetta in legno della contrada di Mezzocampo a circa 4 km dal centro di Savelli, dove ancora ci si può imbattere nei resti di arcaiche segherie utilizzate per il taglio dei tronchi, attività molto antica nella Sila.
A proposito della Jesulella non si può fare a meno di ricordare che anche a Mandatoriccio esiste una chiesa indicata come della Madonna Addolorata comunemente detta ‘a Gliesulèlla, ed un’altra vocata alla Madonna delle Grazie. Questi sono altri elementi comuni posseduti dalle due comunità di Mandatoriccio e Savelli.
Altri elementi che caratterizzano il Borgo sono il Museo Etnografico, memoria della ruralità contadina e della montagna, nel quale sono presenti tanti oggetti esposti e ben tenuti riguardanti l’arredamento, l'uso domestico, gli arnesi utilizzati nelle pratiche artigianali, in agricoltura e nell’allevamento del bestiame, tutti sistemati nei locali appositamente restaurati delle vecchie carceri e della vecchia pretura, il Palazzo Brisinda e grazie alla ricchezza d’acqua le diverse fontane di Savelli, pare in totale siano ventisette, tra le quali si vogliono ricordare quelle dette: Pitinella, Vecchia, Nuova e Pedagese.
Come tutti i paesi dell’entroterra silano anche Savelli non scampò ai due fenomeni che caratterizzarono i due secoli precedenti, producendo tristi effetti soprattutto sulle fasce sociali più deboli, il Brigantaggio e l’Emigrazione. Per tutto ciò, numerosi Savellesi furono costretti a lasciare il proprio paese alla ricerca di nuovi siti raggiungendo i tanti paesi dell’America Latina, degli Stati Uniti d’America, i più avanzati paesi dell’Europa, l’Australia ed infine le Regioni del Nord d’Italia.
Bibliografia
[1] Savelli, in https://uhocularu.wixsite.com/.
[2] Storia di Savelli, http://www.comune.savelli.kr.it/index.php?action=index&p=76 04/.
[3] Cfr. Thome ACETI, in Gabrielis Barrii Francicani De Antiquitate & Situ Calabriae, Libros Quinque, Prolegomena, Sertorii Quattrimani Patricii, Ex Typorapya San Michaelis ad Ripam Sumtibus Hieronymi Mainardi, Romae MDCCXXXVII, p. 353.
[4] Abate Francesco SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli…, Tomo III, Presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI, p. 388.
[5] Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, presso Vincenzo Manfredi, Napoli MDCCXCVIII, p. 109; Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, Dai Torchi di Raffaele Miranda Napoli 1823, pp. 161, 167, 170, 181. Cfr. Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, presso Vincenzo Manfredi, Napoli MDCCXCVIII, p. 89.
[6] Cfr. Vincenzo D’AVINO, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) nel Regno delle Due Sicilie, raccolti, annotati, scritti per l’Abate Vincenzo D’Avino, Dalle Stampe di Ranucci, Napoli 1848, p. 139.
[7] Cfr. Ferdinando DE LUCA, Raffaele MASTRIANI (a cura), Dizionario corografico universale dell’Italia, Volume Quarto, Parte Prima, Reame di Napoli Stabilimento di Civelli Giuseppe e Comp., Milano 1852, p. 863;
[8] Cfr. ZUCCAGNI-ORLANDINI, Corografia Fisica, Storica e Statistica Dell’Italia e delle sue Isole, supplemento al Volume Undecimo, Presso gli Editori, Firenze 1845, p. 540. Cfr. Attilio ZUCCAGNI-ORLANDINI, Dizionario topografico dei comuni d’Italia, Tipografia Tofani, Società Editrice, Firenze 1861, p. 919.
[9] Amato Amati, Dizionario Corografico volume settimo, L’Italia sotto l’aspetto Fisico, Militare, Storico, Letterario, Artistico e Statistico, Francesco Vallardi Tipografo Editore, Milano 1868, pp. 292-293.
[10] Salvatore MUZZI, Vocabolario storico-geografico-statistico dell’Italia nei suoi limiti naturali, Giacomo Monti editore, Bologna 1873, p. 532.
[11] Annuario Italiano, Edoardo Sonzogno Editore Milano 1876, pp. 141, 222, 313.
[12] Gustavo VALENTE, Dizionario dei luoghi della Calabria, Vol. 2, M-Z, Edizioni Frama S., Chiaravalle Centrale (CZ) 1973, p. 985
[13] Savelli, in https://uhocularu.wixsite.com/.
Savelli - Palazzo in via Roma; Mandatoriccio - Piazza Duomo
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