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Platania. Dal greco Πλατανιά fu prima villaggio col nome di Petrania

Aggiornamento: 23 set 2018

Franco Emilio Carlino


In ordine di tempo, quello che sto per compilare, è il ventiduesimo contributo offerto alla ricostruzione storica di un territorio, quale quello del Reventino-Savuto. Oggi il mio viaggio tra libri, carte, documenti e web mi porta a Platania un grazioso borgo della provincia di Catanzaro. Dal greco Πλατανιά (Platania), il suo nome emerge inizialmente dalla consultazione dei Registri Angioini pertinenti gli anni 1269 – 1270. Fascicoli destinati, a quei tempi, alla raccolta di dati, annotazioni di carattere amministrativo contabile, finanziario, anagrafico e giuridico, all’interno dei quali si faceva riferimento all’esistenza dei Casali di Platania, precedentemente di proprietà di un tale Gregorio di Romania e che in seguito, con il sopraggiungere degli Angioini, finirono nei possedimenti di Egidio d’Apard, un nobile, di palese stirpe francese. Per di più, va rilevato, secondo le diverse informazioni storiche, che nel corso degli infausti avvenimenti della seconda guerra mondiale la maggior parte dei Registri sopra citati venne smarrita, per cui al momento diventa anche del tutto impossibile ricostruire la storia dei suddetti Casali come si dovrebbe, se non facendo ricorso a quanto già riportato dai numerosi autori che nel tempo si sono misurati nel farlo attraverso le loro ricerche e che in qualche modo oggi risultano le uniche e preziose fonti di riferimento. Quello che, pertanto, cercherò di fare anche in questo caso è raccogliere le diverse informazioni su Platania per poi ricavarne una ricostruzione storica delle sue origini la più fedele possibile.

Un punto fermo da cui partire, in questo vasto panorama di informazioni, lo offre il sito comunale quando afferma che “Resta soltanto il fatto che il nostro Comune, all’atto della sua costituzione nel 1811, riprende quel nome antico, sopravvissuto forse per un’atavica reminiscenza, ben conservata sul posto, mentre un altro nome era comparso ed altre vicende si erano svolte in quello stesso posto tra la seconda metà del XVII ed il primo decennio del XIX secolo”[1].

A parlare per primo di Platania, ma come villaggio denominato originariamente Petrania, secondo quanto appare dal sito del Comune fu il vescovo di Nicastro (1680-1692), Monsignor Francesco Tansi, che nella sua relazione ad limina Apostolorum del 28 febbraio 1685 così annotava: "Da pochi anni si sono aggiunti due nuovi centri rurali e cioè Petrania e S. Pietro Apostolo. […] Di Petrania, come già esistente, -è scritto sempre nel sito del Comune- fa cenno anche il documento redatto dal notaio Ignazio Giovannetti datato 16 giugno 1686, con il quale viene sancita la nascita del Casale Nuovo di S. Angelo, per concessione di Luigi d’ Aquino, principe di Castiglione a tredici famiglie di massari e coloni provenienti da Nicastro e dal suo distretto. È appena il caso di notare che il nome Petrania è di evidente origine greca ed il suo significato (nuova Petra) fa sì che questo villaggio possa in qualche modo essere collegato con l’agglomerato rurale di Pietra che sorge nelle vicinanze e le cui origini risalgono alla seconda metà del XVI secolo"[2].

Relativamente a tale periodo interessato da una profonda crisi demografica e da una forte emigrazione della popolazione verso l’interno del vasto territorio di Nicastro, che continuava a spostarsi verso le alture collinari vicine alla ricerca di più fortunate condizioni di vita, influendo sulla stessa fondazione del nuovo Casale di Platania, si riscontra una interessante nota di Francesco Campennì e Fausto Cozzetto che così articolano: “[…] Come conseguenza della crisi demografica, i due poteri forti del lametino, il feudatario e il vescovo, nel corso della metà del Seicento si ritrovarono nelle condizioni di doversi contendere la poca manodopera disponibile, e il vescovo lamentava che «i campi sono deserti ed incolti perché mancano i coloni e i pascoli non si riesce a venderli né a fittarli […]. La mensa episcopale ha scarsi redditi perché non riesce a trovare chi coltivi la terra» (80). L’esodo della popolazione dell’hinterland nicastrese verso centri vicini e, più specificatamente, verso i rilievi collinari e montagnosi della catena paolana alla ricerca di condizioni di vita più salubri, si evince altresì dal documento con cui il principe Aloisio d’Aquino, nel 1686, concedeva 12 tomolate di terreno in enfiteusi a 25 capifamiglia che chiedevano di potervi fondare un nuovo casale, poi denominato Platania. Concessione che si spiega con la volontà del principe di porre un freno alla fuga dei ceti contadini lametini, trattenendoli almeno nell’ambito della propria giurisdizione feudale. (81)”[3]. Limitatamente alla fondazione del nuovo Casale di Platania aggiungo, che essendo questo nato come Casale di Nicastro, ne accompagnò anche le diverse vicende feudali prima della famiglia Caracciolo e successivamente dei D’acquino di Castiglione.

Ancora sull’argomento si segnala la nota del 1691 di padre Giovanni Fiore da Cropani che nella sua importante opera così scriveva: “Il Villaggio de’ quali né Barrio, né Maraſioti, ne fanno menzione alcuna, ed io solo dico che Petrania è Villaggio di poco popolo; ma celebre per la preziosità de’ semplici che ivi nascono. Così S. Angelo Villaggio che tuttavia va crescendo di gente; per esser edificato da pochi in qua dal Regnante Principe D. Luigi d’Aquino; e tutti e due Villaggi vanno uniti al suddetto Stato di Nicastro sotto il dominio dei Principi di Castiglione della famiglia d’Aquino”[4].

Qualche anno più tardi, nel 1703 ad interessarsi della cosa fu Gio. Battista Pacichelli che nel descrivere e menzionare i luoghi del Contado di Nicastro, quasi a sostenere quanto già affermato dal Fiore, annotava che questo ne comprendeva molti altri, tra i quali “Zangarona abitata da Greci, che vennero già a tempi del Rè Ferdinando dal braccio di Maina, e dall'Albania. Quivi è una cava di marmi di color verde muschio, e 'l luogo è numeroso d'intorno à settecento abitatori, e quasi altrettanti ne faranno unitamente, Petrania, e Sant'Angelo, luogo ultimamente fatto colà riedificare dal sovra mentovato Principe D, Luigi d'Aquino”[5].

Intorno alla metà del XVIII secolo a confermarne l’esistenza dei due villaggi Petranium ed Angelum fu anche Tommaso Aceti nelle sue "Annotazioni al Barrio" del 1737, “In Diocesi Neocastr Sunt quoque in agro Neocastrensi vici Zangaronum, Petranium, Angelum, Serrasticta, Amatum, e Milliarina [6].

Quanto sopra viene ulteriormente rinsaldato, come si legge sul sito del nostro blog, dal prof. Benito Paola, secondo il quale da un’altra relazione ad Limina Apostolorum del luglio 1769, questa volta compilata da Monsignor Paolino Pace, anche lui Vescovo di Nicastro, si ricava con precisione che il villaggio di S. Angelo aveva assunto il nome di Petrania, mentre a valle dello stesso stava l’antica Petrania, risaputa soprattutto per il piccolo edificio sacro conosciuto come chiesa della Madonna del Riparo, ancorata alla nascita del primo villaggio, ormai abbandonato e in rovina.

Ed è sempre lo stesso presule Monsignor Paolino Pace, -riporta ancora il prof. Paola- che nel suo rapporto scrive che: “alla data della sua visita, svoltasi dal 12 al 15 luglio del 1769, gli abitanti sono 902, che la parrocchia di S. Michele Arcangelo è stata istituita dal Vescovo Monsignor Nicola Cyrillo nel 1706, che la chiesa parrocchiale (a tre navate ed a croce latina), i cui lavori risultavano interrotti dal 1763, è ancora alla data del 15 luglio 1769 in corso di costruzione e sarà completata, infatti, quanto all'opera muraria nel 1776”[7].

In questa fase, seguendo ulteriormente, quelle che sono le informazioni del prof. Benito Paola, inoltre, veniamo a conoscenza che “occorreranno, invece, ancora altri cinquant'anni perché la chiesa parrocchiale venga completata anche nel suo corredo iconografico; ce lo documentano le date riprodotte accanto agli affreschi di pregevole fattura che adornano le vele della cupola della navata centrale e la cupoletta della navata destra, tali date riportano, infatti, tutti gli affreschi citati ai primi due decenni del XIX secolo. Lo storico vibonese Francesco Adilardi c'informa, a sua volta, che il villaggio di Petrania "si onora delle sue chiese, S. Michele Arcangelo (parrocchiale), Purgatorio e Beata Vergine del Riparo", ma non ricorda la chiesa dell'Immacolata che, iniziata ad opera dell'omonima confraternita nel 1801, non era stata forse ancora completata. Lo stesso storico, scrivendo nel 1838, ci dà notizia che nel 1804 il popolo di Petrania giungeva a circa 1500 abitanti, i quali nell'anno in cui scriveva la sua Storia, il 1838, appunto, erano diventati 2455. Le vicende storiche del nostro Paese hanno interessato Platania. Un dispaccio del Generale francese Verdier ci informa, ad esempio, che nel marzo del 1806 nelle immediate vicinanze del villaggio di Petrania un battaglione del VI reggimento francese al comando del Colonnello Doufour si scontrò con gli insorti anti francesi disperdendoli, e che il paese stesso divenne un vero e proprio campo di battaglia”[8].

Per avere informazioni su Platania, dalle poche case diroccate e le altre lesionate, bisogna aspettare il 1783 quando a parlarne fu Giovanni Vivenzio all’interno di una sua trattazione sullo Stato di Nicastro interessato dal terremoto, che così articolava: “Stato di Nicastro. Nicastro, Platania, Zangarona, S. Biagio. Il Tremuoto -cagionò poco danno nello Stato di Nicastro, non essendovi patite, che alcune case di persone povere, e molte lesioni negli altri Edificj.”[9]. Lo stesso Vivenzio sull’argomento vi ritornò, cinque anni dopo, nel 1788 attraverso una descrizione più corposa e articolata nella quale scriveva dell’intera provincia sostenendo che questa conteneva “otto Città Regie, ventisei Baronie, due Feudi del Convento di S. Domenico Soriano, due della Mensa Arcivescovile di Reggio, ed uno di S. Nicola di Bari; otto Marchesati, tra i quali menziona Platania, sette Ducati, due Contadi e sette Principati.

Sul villaggio di Petrania, come del resto viene fuori da quanto sopra citato, e che successivamente assumerà il nome di Platania, nel 1796 a dissertare fu anche l’Abate Francesco Sacco che in relazione così compilava: “Platania – Terra nella Provincia di Catanzaro, ed in Diocesi di Nicastro, situata sopra una collina, d’aria buona, e nella distanza di tre miglia dalla Città di Nicastro, e di diciotto in circa di Catanzaro, che si appartiene in Feudo alla Famiglia Aquino Pico de’ Principi di Feroleto. Il questa Terra è da notarsi soltanto una Chiesa parrocchiale di mediocre struttura. I prodotti del suo territorio sono grani, grani dindia, frutti, vini, olj, gelsi per seta e ghiande. Il numero degli abitanti ascende a mille quattrocento quarantaquattro sotto la cura spirituale d’un Parroco, che porta il titolo di Cappellano Curato”[10]. Due anni dopo il Sacco, nel 1798 nella sua descrizione del Regno di Napoli al Capitolo VI riguardante la Calabria Ultra, o sia di Catanzaro, ne accenna Giuseppe Maria Alfano[11] dicendoci che Platania era un villaggio facente parte della Diocesi, e pertinenza di Nicastro, con una popolazione 1444, ritornandovi poi circa cinque lustri più tardi ricordandoci che intanto la popolazione era salita a 1530 abitanti.

Nel 1804, toccò a Lorenzo Giustiniani[12] fornire qualche notizia su Platania, descritto come Casale della Città di Nicastro nella Calabria ulteriore, molto frequentato a seguito della via per il passaggio della posta che da Napoli doveva raggiungere la Sicilia, edificato, si dice nel 1688.

Intanto, secondo quanto raccontato dal sito web del comune e da quanto risulta dalle scritture di ripartizione delle terre demaniali, il villaggio di Petrania, perviene alla propria autonomia come Comune l'8 settembre 1811 con la nuova denominazione di Platania. “Gli abitanti del nuovo Comune, a conferma della loro indole libertaria, ospitano in paese, una "vendita" carbonara e si distinguono per il loro attivismo patriottico se, come attesta il filosofo Francesco Fiorentino, proprio a Platania si tenne una delle riunioni dei capi della rivolta che si concluse tragicamente il 27 giugno 1848 con il sanguinoso scontro presso il fiume Angitola tra le truppe borboniche, guidate dal generale Nunziante, e gli insorti, guidati appunto da Francesco Stocco. I capi della rivolta, fra cui i platanesi, Sacerdote Domenico Cimino, Emanuele Nicolazzo, Domenico Calabria e Gregorio De Fazio, arrestati e processati, furono tra il 1850 ed il 1852 condannati a non meno di 25 anni di ferri dalla Gran Corte Criminale di Catanzaro. Ad onore dei platanesi e come prova del loro spirito patriottico c’é da aggiungere che i due paesi di Decollatura e Platania contribuirono alla prima sottoscrizione per la causa nazionale, curata dal generale Stocco, con la considerevole somma di 1315 ducati”[13].

Circa il decennio francese sul quale sono da evidenziare tutte quelle leggi che influenzarono a fondo il territorio in osservazione nella sua architettura sociale, politica, economica, culturale ed ecclesiastica, utili sono le informazioni acquisite attraverso la nota di riflessione di Vincenzo Villella, Giuseppe Masi e Antonio Bagnato che a riguardo così sostengono: “[…] Si tratta della legge di eversione della feudalità (2 agosto 1806), delle leggi di soppressione della manomorta ecclesiastica con il conseguente incameramento dei beni di monasteri e conventi (decreti del 7 agosto 1809 e del 10 gennaio 1811)8 e, sul piano locale, della separazione dal comune di Nicastro dei territori di Sambiase e di Platania. Questi divennero comuni distinti e vennero inseriti insieme ad altri settanta nel distretto di Monteleone9. La pratica di demarcazione tra i tre comuni fu ostacolata da dispute e contrasti, subendo un lungo rallentamento. Da due lettere ministeriali del 26 settembre 1808 (riguardante Sambiase) e del 4 settembre 1809 (riguardante Platania) risulta che in quegli anni i relativi atti non erano stati trasmessi a Napoli10. […] Perciò solo con decreto del 4 maggio 1811 potè essere effettuata la definizione del nuovo comune autonomo di Platania. Ad esso fu assegnata la parte alta del territorio di Nicastro, composta quasi esclusivamente di «tenimenti demaniali ed ecclesiastici, detti pubblici, di Melia, della Defesella, delle Manche, della Colata, di Scavello, delle Fontanelle, della Pantanella, del Mariolo, di Savuca, degli Zingari, d’Acqua di Riso, di Caricato, delle Mezzagne e Sambate»13. In un successivo verbale di bonaria ripartizione sottoscritto il 15 luglio 1812 dai sindaci e decurionati di Nicastro e Platania, i rappresentanti di Nicastro pretesero, a salvaguardia di secolari diritti, alcune clausole vincolanti fra cui quella «di non poter il nuovo comune di Platania e i suoi naturali, in verun modo, ed in qualunque tempo, perturbare il comune di Nicastro e i suoi cittadini da quei diritti che per legge si appartengono sul territorio assegnato; e specialmente sull’uso delle acque dei fiumi che scendono a Nicastro»14.”[14].

Ulteriori informazioni su Platania arrivano attraverso Vincenzo D’Avino[15] nel 1848, il quale richiamandosi al Pacichelli e al Fiore sui quali mi sono già soffermato, ci fa sapere di Platania come un Comune che, insieme a Gizzeria, faceva parte del circondario di Sambiase, e che fondato nel secolo XVII dal principe di Castiglione Luigi d'Aquino, originariamente chiamato Petrania, divenne nello stesso secolo anche colonia albanese. Conferme sulla situazione di Platania arrivano anche dalle note di Ferdinando De Luca e Raffaele Mastriani come pure da Attilio Zuccagni-Orlandini nelle loro rispettive opere[16]

Nella seconda metà del XIX secolo (1868), a dissertare su Platania è Amato Amati che così riporta: “Platania. Comune nel Napoletano, provincia di Calabria Ulteriore nel, circondario di Nicastro, mandamento di Sambiase. Comprende molte case sparse, nelle quali vivono circa 600 abitanti. Ha una superficie di 956 ettari.

La sua popolazione di fatto, secondo il censimento del 1861, contava abitanti 2492 (maschi 1268, femmine 1294); quella di diritto era di 2539. La sua guardia nazionale consta di una compagnia con 160 militi attivi. Gli elettori amministrativi nel 1865 erano 46; e 10 i politici, inscritti nel collegio di Nicastro. L’ufficio postale è a Nicastro. Appartiene alla diocesi di Nicastro. Il suo territorio è accidentato e mediocremente fertile. Questa borgata è fabbricata in amena posizione, sulla strada postale che da Napoli conduce in Sicilia, ed è a borea ed a 4 chilometri da Nicastro. Gli abitanti sono quasi tutti d’origine albanese”[17]. Analoghe notizie vengono poi confermate nel 1873, 1874 e 1876 rispettivamente da Salvatore Muzzi[18], da Pietro Castiglioni[19] nelle loro rispettive opere e dall’Annuario Italiano[20].

Tralasciando alle spalle la citata ricostruzione fondata in particolar modo sulla questione del nome mi avvio a descrivere quella che è la Platania moderna. Si tratta di un Comune italiano, della Calabria, in Provincia di Catanzaro che alcune ultime recenti informazioni demografiche lo classificano di 2.134 abitanti, denominati Platanesi di cui 1.035 M e 1.099 F occupanti una superficie di 24,64 kmq con una densità per kmq di 86,6 abitanti. Il suo territorio sovrasta l'estrema propaggine della secondaria diramazione della zona montuosa del Reventino all’interno dell’acrocoro silano e si schiude a ventaglio, degradando armoniosamente verso il golfo di Sant'Eufemia e la pianura del lametino. Circa la struttura geo-pedologica dei terreni marno-calcari, o granitici o sabbiosi presenti sotto gli Appennini, Cesare Lombroso[21] a riguardo sostiene che quelli di Platania sono ricchi di ferro solforato.

Il paese disteso a 750 m sul livello del mare con una variazione altimetrica che oscilla tra i 350 e i 1417 m, distante 50 km da Catanzaro, suo Capoluogo, confina immediatamente con i comuni di Decollatura, Conflenti, Lamezia Terme, Serrastretta.

A proposito del profilo orografico, nel suo territorio sono presenti i monti: Reventino (m 1.417), Monte Faggio (m 1.316), Monte Castelluzzo (m 1.201), mentre per quanto riguarda il profilo idrografico si rilevano i torrenti: Piazza (Granci), Occhiolungo, Canne. Il Comune di Platania fa parte della Comunità Montana Monti Tiriolo-Reventino-Mancuso, Regione Agraria n. 1 - Montagna del Reventino e comprende le frazioni: Ciurra, Foresta, Fossa Don Paolo, Difesa Zito, Granci, Reillo, Mercuri Tedesco, Sambate, Campo Chiesa, Pietra, Panetti, Perricchi e altre località del territorio come: Timpone, Sirugo Sopra, Sirugo Sotto, Boscaino, Acquavona, Sirianni, “Patruna Vicchiu”, Cuvoli, Scavello, Savocà, Rindina.

Sulla provenienza del nome, pare che sia abbastanza diffusa la convinzione che il suo etimo derivi dal termine greco platania che configura il luogo come terreno ricco di platani quindi plataneto.

Relativamente all’aspetto sociale, demografico ed economico, il borgo di Platania negli anni, soprattutto dopo l’Unità d’Italia, ha visto incrementare, in alcuni momenti anche in maniera considerevole il numero dei suoi abitanti, oggi purtroppo in diminuzione come i tanti paesi del meridione a causa dell’accentuata emigrazione.

La sua economia si basa prevalentemente sulla coltivazione della terra attraverso la produzione di cereali, patate, uva e castagne, queste ultime proposte anche in opportuni eventi gastronomici sotto forma di sagra nel periodo autunnale. Ricca del patrimonio boschivo e degli estesi pascoli, a Platania è fiorente anche l’industria del legname e dell’allevamento. L’artigianato locale ripercorre nel tempo vecchie tradizioni, una volta fiorente e sostenuto dalla gelsibachicoltura messa in pratica da tutte le famiglie che contribuivano alla produzione della seta, oggi la produzione artigianale è ormai ritenuta di nicchia, per via della scarsa maestranza nel settore, per cui i pochi manufatti prodotti da qualcuno che ancora esercita questo tipo di artigianato sono le coperte di lana e seta e qualche scialle. L’artigianato, inoltre, continua ad essere presente, se pure in maniera impercettibile, con qualche tradizionale figura come il sarto, il falegname e il calzolaio.

La crescita sociale e culturale di Platania si fonda ancora su quelli che sono stati alcuni uomini illustri della sua storia, punti di riferimento per l’intera comunità. Tra questi come ricordato dal sito web del Comune[22]: Gabriele Cerminara (medico-biologo), Gregorio Nicolazzo (capitano), Cesare Mastroianni (eroe), Domenico Cimino (sacerdote), Emmanuele Grande (medico), Francesco Mancuso (generale di brigata) e Raffaele Perri (maggiore dell’esercito), e tanti altri ancora che hanno offerto il loro disinteressato apporto alla causa del Risorgimento Italiano.

Il patrimonio monumentale di Platania consiste nelle due chiese funzionanti presenti sul suo territorio. Una dedicata a San Michele Arcangelo, santo Patrono, festeggiato il 29 settembre, l’altra della Madonna del Riposo ed infine la Chiesa dell’Immacolata da molti anni impraticabile. La Chiesa di S. Michele Arcangelo risalente alla fine del XVII secolo, fu elevata a Parrocchia dal Vescovo Mons. Nicola Cirillo il 13 settembre 1706. Costruita tra la fine del Seicento e gl’inizi del Settecento preserva al suo interno oltre che la statua di S. Michele Arcangelo, una tela del 1815 con la raffigurazione di S. Francesco, un dipinto ligneo del Cuore di Gesù. Con l’inizio del secondo decennio, del presente secolo, la chiesa è stata oggetto di attenzione con l’avvio di alcuni lavori di ristrutturazione e restauro, allo scopo di recuperarla architettonicamente e artisticamente per portarla agli antichi splendori.

Le informazioni relative alla Chiesa della Madonna del Riposo o del Riparo, come secondo alcuni viene chiamata, confermano che nel tempo è stata punto di riferimento di una fervente venerazione per la Madonna e quasi certamente anche il primo edificio di culto della comunità platanese. Le sue origini ci conducono al rapporto che Mons. Paolino Pace fece in occasione della sua visita pastorale tenutasi tra il 12 ed il 15 luglio 1769. Composta da un’unica navata a pianta rettan­golare, originariamente era preannunziata da una piccola costruzione molto probabilmente utilizzata come rifugio per gli eremiti e sosta per i passanti, che nel corso dei loro spostamenti verso Nicastro vi sostavano, forse, anche per questo motivo mi permetto di aggiungere, è anche detta del Riparo. Secondo correnti informazioni, la chiesa era dotata di titolo straor­dinario e aveva il privilegio dell’indulgenza plenaria. Con la fine degli anni ‘50 del precedente secolo, causa le insicure condizioni strutturali, ne fu scoraggiato l’utilizzo al pubblico. La Chiesa è stata ristrutturata negli anni ‘80 del precedente secolo.

In ultimo, secondo le informazioni fornite dal sito www.ilbelpaesecalabria.it, relativi alla Chiesa dell’Immacolata si rileva che “dai documenti di archivio risulta che la chiesa fu iniziata ad opera dell'omonima confraternita nel 1801. Essa è costituita da una navata centrale a pianta rettan­golare con l’aggiunta di una navata laterale sul lato nord dell’edificio. La tipologia della copertura è a capanna. La fac­ciata principale su cui spicca un portale con arco a tutto sesto è intonacata, mentre quella late­rale risulta realizzata con la caratteristica muratura di pietra locale. L’elemento di maggiore pregio della chiesa è l’impianto volumetrico di limitate dimensio­ni, ma con proporzioni equilibra­te che ne esaltano le caratteri­stiche stilistiche dello spazio interno”[23].

Bibliografia

[1] http://www.comune.platania.cz.it/index.php?action=index&p=76

[2] Ibidem.

[3] Francesco CAMPENNÌ, Fausto COZZETTO, L’identità forte. Società e istituzioni nell’età moderna, in Lamezia Terme: storia, cultura, economia, Fulvio MAZZA (a cura), Volume 11, Le Città della Calabria, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2001, p. 117. [(80) Citata in V. VILLELLA, L’origine di Platania, in «Città», ottobre 1987, p. 44; (81) Cfr. ibidem. Villella sostiene che l’esodo dei contadini del lametino si era diretto verso Amato, Gizzeria e Vena di Maida; altre famiglie alle falde del Reventino erano fuggite al di là dell’altopiano di Decollatura dando origine a Carlopoli. Sulla vicenda della nascita di Platania cfr. altresì P. BONACCI, Notizie astoriche su Platania, in «Città», maggio 1989, pp. 44-46: P. ARDITO, Spigolature storiche…, cit., p. 150 sgg.].

[4] P. G. FIORE da Cropani, Della Calabria Illustrata Opera varia Istorica, Predicatore Cappuccino da Cropani, Tomo I, per li Soci Dom. Ant. Parrino, e Luigi Mutij Napoli MDCXCI, p. 126.

[5] Abate Gio. Battista PACICHELLI, Del Regno di Napoli in prospettiva, diviso in dodici province, Parte seconda, nella Stamperia di Domenico Parrino, Napoli 1703, p. 89.

[6] Thome ACETI, in Gabrielis Barrii Francicani De Antiquitate & Situ Calabriae, Libros Quinque, Prolegomena, Sertorii Quattrimani Patricii, Ex Typorapya San Michaelis ad Ripam Sumtibus Hieronymi Mainardi, Romae MDCCXXXVII, p. 132.

[7] Benito PAOLA (a cura), in https://uhocularu.wixsite.com.

[8] Ibidem.

[9] Giovanni VIVENZIO, Istoria e Teoria de’ Tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria e di Messina del MDCCLXXXIII, nella Stamperia Regale, Napoli MDCCLXXXIII, p. (1) CCCXX; Giovanni VIVENZIO, Istoria De’ Tremuoti Parte II Avvenuti nella Provincia della Calabria ulteriore e nella Città di Messina nell’Anno 1783, Volume I, nella Stamperia Regale, Napoli MDCCLXXXVIII, pp. 145, 249.

[10] Abate Francesco SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli…, Tomo III, Presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI, pp. 101-102.

[11] Cfr. Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, presso Vincenzo Manfredi, Napoli MDCCXCVIII, p. 109; Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, Dai Torchi di Raffaele Miranda Napoli 1823, p. 201.

[12] Cfr. Lorenzo GIUSTINIANI, Dizionario ragionato del Regno di Napoli, Tomo VII, Napoli 1804, p. 215.

[13] http://www.comune.platania.cz.it/index.php?action=index&p=76.

[14] Vincenzo VILLELLA, Giuseppe MASI, Antonio BAGNATO, Dal Decennio Francese al primo conflitto mondiale: rivoluzione, politica, cultura, in Lamezia Terme: storia, cultura, economia, Fulvio MAZZA (a cura), Volume 11, Le Città della Calabria, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2001, p. 146, 147. [(8) U. CALDORA, Calabria Napoleonica, cit., pp. 195-240. A Nicastro furono soppressi i conventi dei Cappuccini, dei Domenicani, dei Riformati e delle Clarisse. A Sambiase quelli dei Carmelitani e dei Paolotti; (9) VINCENZO. M. EGIDI, Ordinamento e circoscrizione amministrativa e giudiziaria della Calabria, in «Calabria Nostra», a. II (1958), n.1, pp. 5-11; (10) Asn, Interno, II, f. 64; (13) G. MARUCA, Raccolta di notizie storiche…, cit., p. 90; (14) In V. VILLELLA, Platania, cit., p. 43. Sulla vertenza per la ripartizione del Reventino tra i comuni di Nicastro, Platania, Conflenti e Martirano cfr. V. VILLELLA, Conflenti, vol. I, Stampa Sud, Lamezia Terme, 1999, pp. 91-94. ].

[15] Cfr. Vincenzo D’AVINO, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) nel Regno delle Due Sicilie, raccolti, annotati, scritti per l’Abate Vincenzo D’Avino, Dalle Stampe di Ranucci, Napoli 1848, p. 461.

[16] Cfr. Ferdinando DE LUCA, Raffaele MASTRIANI (a cura), Dizionario corografico universale dell’Italia, Volume Quarto, Parte Prima, Reame di Napoli Stabilimento di Civelli Giuseppe e Comp., Milano 1852, p. 744; Cfr. Attilio ZUCCAGNI-ORLANDINI, Dizionario topografico dei comuni d’Italia, Tipografia Tofani, Società Editrice, Firenze 1861, p. 788.

[17] Amato Amati, Dizionario Corografico volume sesto, L’Italia sotto l’aspetto Fisico, Militare, Storico, Letterario, Artistico e Statistico, Francesco Vallardi Tipografo Editore, Milano 1868, p. 279.

[18] Cfr. Salvatore MUZZI, Vocabolario storico-geografico-statistico dell’Italia nei suoi limiti naturali, Giacomo Monti editore, Bologna 1873, p. 424.

[19] Cfr. Pietro Castiglioni, Statistica del Regno d’Italia, Circoscrizioni e Dizionario dei Comuni del Regno d’Italia, Parte prima, Stampa Reale, Roma 1874, pp. 30, 172, 230.

[20] Cfr. Annuario Italiano, Edoardo Sonzogno Editore Milano 1876, pp. 113, 206.

[21] Cesare Lombroso, L. Guarnieri curatore, In Calabria (1862), Cenni di Geografia fisica 1, Rubbettino editore 2011.

[22] Cfr. Personaggi illustri, in http://www.comune.platania.cz.it/index.php?action=index&p=395.

[23] www.ilbelpaesecalabria.it.

Chiesa San Michele Arcangelo



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