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Petronà. Da villaggio 'Petrania' a Feudo degli Altemps di Roma

Aggiornamento: 20 giu 2018

Franco Emilio Carlino


A leggere almeno il titolo del libro di poesie di Francesco Talarico “Pampoglie[1] (letteralmente come ci ricorda l’autore foglie secche), una raccolta in vernacolo petronese, si può ben dire che per la sua somiglianza, se non altro a livello idiomatica, poiché derivante dalla stessa radice linguistica, Petronà può essere collocata a pieno titolo tra i 21 paesi dell’area del Reventino. Una realtà territoriale presente fra il monte Reventino e il fiume Savuto.

Il contesto geografico, invece, di questo comune calabrese della Calabria ultra, nel quale è situata Petronà, in provincia di Catanzaro, con più di duemilaseicento abitanti, si individua nella vasta zona posta a sud della Sila Piccola orientata a Mezzogiorno, ammantata dalla verdeggiante e rigogliosa distesa di castagni millenari che la circondano rendendola affascinante per la sua bellezza e per le singolari qualità climatiche, oltre che florida per la copiosità delle sue distese erbose e la produzione di foraggio che richiamano tuttora allevatori da ogni parte della Sila.

Già alla fine del XVIII secolo, lo scrittore Giuseppe Maria Alfano nella sua Historica descrizione… lo rappresentava come un “Villaggio […], d’aria buona, fa di popolazione 874”[2], mentre l’Abate Francesco Sacco nel comporre il suo Dizionario Geografico-Istorico-Fisico…, scriveva: “Petronà. Casale nella Provincia di Catanzaro, ed in Diocesi di Santa Severina, situato in una pianura d’un monte, d’aria buona, e nella distanza di sedici miglia dalla Città di Santa Severina, che appartiene in Feudo alla Famiglia Altemps di Roma. Questo Casale, il quale fu edificato verso la fine del passato secolo da poche Famiglie de’ Casali di Cosenza, ha una Chiesa Parrocchiale, e tre pubbliche Cappelle. I prodotti del suo territorio sono grani, legumi, frutti, vini, ed olj. Il numero de’ suoi abitanti ascende ad ottocento settantaquattro sotto la cura spirituale d’un Parroco”[3]. Una lettura attenta dell’incremento demografico dimostra come negli anni questo abbia avuto un regolare innalzamento fino a toccare già nel primo decennio dell’Ottocento 1.549 unità, una considerevole cifra che consentì a Petronà di diventare comune autonomo, con annessa la frazione di Arietta, come si evince dal decreto 4 maggio 1811, istitutivo dei Comuni, disposto dai Francesi, a seguito dell'ordinamento amministrativo, che ne fissa anche la sua appartenenza alla giurisdizione di Policastro. Un incremento demografico che non subì soste tanto da arrivare agl’inizi del nuovo secolo a poco più di 3000 abitanti cifra che iniziò a discendere assestandosi oggi su una popolazione che risulta essere di 2594 unità di cui 1257M e 1337F con i suoi abitanti denominati Petronesi. Dopo l’intermezzo del decennio francese, con la restaurazione borbonica Petronà fece parte della provincia di Calabria Ulteriore Seconda, Distretto di Crotone, un'unità amministrativa scaturita dal frazionamento della precedente provincia, Circondario di Policastro.

Il comune attuale che conosciamo fa parte della provincia di Catanzaro e si pone confinante con i comuni prossimi di Belcastro, Cerva, Marcedusa, Sersale e Zagarise della medesima provincia e confinante con Mesoraca ai limiti della provincia di Crotone. Fa parte della Comunità montana della Presila Catanzarese appartenente alla Regione Agraria n. 3 - Sila Piccola Meridionale. La sua altitudine sul livello del mare e di 889 m e la variazione altimetrica oscilla tra i 125 e i 1723 m, mentre si estende su una superfice di 45,5 kmq con una densità di 57,0 per kmq.

Interessanti note di presentazione sono ricavate dal volume di Fiore Scalzi, storico del luogo, che descrive l’abitato di Petronà come “Posto […] su un ripiano ampio e vario, […], si propende come un terrazzo sul Marchesato; l'occhio spazia su un paesaggio mutevole, ora verde di olivi e di vigneti, ora brullo nelle sue tipiche collinette, quasi dune, nei suoi colli su cui si adagiano i centri di Marcedusa, Filippa, Mesoraca, Roccabernarda, Scandale, S. Mauro Marchesato ed in lontananza, Strongoli, Cutro e Isola Capo Rizzuto con Le Castella. È dato scorgere nelle giornate limpide le acque dello Ionio che lambiscono Capo delle Colonne. Il torrente Nasari e il Potamo, il nome ci schiude tutta una civiltà che nella toponomastica sopravvive più prepotente, segnano i limiti con la vicina Cerva ed il più grosso centro abitato di Mesoraca. Tra i due corsi d'acqua tanto preziosa, su cui versano torrentelli e burroni, innumerevoli terrazzi densi di alberi da frutto e di colture ortofrutticole varie, fanno aureola alla cittadina che si nasconde d'estate tra il verde intenso e salutare di cui si ammanta. Fresche fonti sgorgano tra i vetusti castagni. Il monte Giove, a breve distanza, si imbianca di neve per alcuni periodi dell'anno e fa corona, insieme con Malavista, il "Vucciari" ed i colli dell' Amenta al piccolo centro montano”[4].

Circa l’origine del nome proviene dalla morfologia del luogo ecco perché generalmente si pensa che questo etimologicamente derivi dalla voce greca petron o da quella latina petra che sta ad indicare un luogo sassoso, ma non mancano altre convinzioni secondo le quali questo deriverebbe dal nome Pietro, secondo la tradizione orale, un contadino presso cui si portavano soprattutto i pastori per rifornirsi di fieno per gli animali e altre forniture. A riguardo scrive ancora Scalzi “Andiamo da Pietro ca nnà” per dire che Pietro ne aveva. Ma è sempre lo Scalzi che in riferimento al toponimo produce una importante ricostruzione supportata da autorevoli studiosi che vale la pena riportare fedelmente. Ecco quanto afferma: “G. Rohlfs nel suo dizionario toponomastico, alla voce Petronà scrive: "Comune di Catanzaro: già Petrania fino al 1861; cfr. Petronas, toponimo di Scarpanto (Grecia)". È importante considerare il vecchio toponimo Petrania fino al 1861. Petrania (petra con la desinenza nia o ia) significherebbe "Pietraia" o luogo di pietra. A conforto di questa tesi sarebbe la presenza nel primitivo centro abitato di numerosi luoghi rocciosi, pietrosi. E' vivo ancora d'altra parte il toponimo "Pietrarizzo" (pietraia) su cui sono appollaiate tante attuali casette del paese. È interessante notare che il primitivo toponimo è menzionato dal noto studioso Giovanni Alessio nel suo "Saggio di toponomastica". L'Alessio collega il toponimo Petronà con quello greco contrada Karpanthos. Egli peraltro riferisce che nel "Sjllabus Graecarum membranorum" preziosa raccolta di pergamene greche, diplomi ed atti notarili dei secoli XI-XIV, appartenenti alla Calabria, di F. Trinchera, è contenuto un documento del 1054 in cui si menziona appunto "Petronas". Il toponimo dunque è abbastanza antico. Non è azzardato collegarlo alla toponomastica greca. Petra è nome di un passo della Grecia, ritorna in Petralia (Sicilia), si conserva in Petrania”[5].

Non secondaria per Petronà appare la questione linguistica, anche alla luce, come accennavo, di vedersi collocata, secondo i promotori dell’Associazione ‘u ĥocularu all’interno dell’area dialettale del Reventino, “con lo scopo di valorizzare, promuovere ed approfondire il legame dei comuni calabresi, che "parlano" il dialetto della Sila, con la propria "lingua" e cultura originarie”.

Secondo Scalzi, “Petronà […] è una isola linguistica ed etnica nell'ampia area dell'Alto Crotonese, ha una "sua" cultura, nel senso più ampio della parola, notevolmente più sgombra di residui medievali rispetto ai paesi limitrofi […] La parlata petronese, inconfondibilmente silana, è rimasta incontaminata, anche per via del secolare isolamento geografico, e fedele alle sue origini”. Credo che quando Scalzi parla di isola linguistica ed etnica fa riferimento proprio a quanto accennavo sopra ossia che la lingua di Petronà pur non appartenendo geograficamente all’area del Reventino per il suo dialetto si distingue dagli altri paesi del territorio nel quale si colloca, ossia quello dell’Alto Crotonese. Credo che lo stesso fenomeno lo rappresenti Mandatoriccio, il mio paese d’origine, che pur collocato nel territorio della Sila Greca, sul basso Jonio cosentino, circa il suo patrimonio linguistico dialettale si integra perfettamente con quello presente nell’area del Reventino. Tutto ciò è dovuto, secondo me, a motivi prettamente storici e in conseguenza del trasferimento di numerosi profughi di Scigliano, Carpanzano e Rogliano verso Savelli e Mandatoriccio scampati ai distruttivi terremoti avvenuti il primo nel 1636 ed il secondo tra la vigilia di sabato 27 e domenica 28 marzo delle Palme, del 1638.

Il profilo urbanistico della cittadina, come del resto buona parte dei paesi interni si presenta come un avviluppato ginepraio costituito da un susseguirsi di vicoli e stradine strette. Una urbanizzazione del luogo che richiama la propria genesi alle vicissitudini di una ruralità contadina e pastorale lontana nel tempo, ma sempre proiettata al proprio riscatto e al miglioramento della posizione collettiva. Dal punto di vista temporale alcuni riferimenti storici ci informano che la Petronà che conosciamo oggi si è sviluppata intorno alla fine del XVIII secolo, mentre sul suo passato sappiamo che alcune modeste iniziali dimore, di quello che oggi è il suo centro storico, risalgono agl’inizi dello stesso secolo nell’allora area del confinate comune di Mesoraca, feudo baronale della nobile famiglia napoletana degli Altemps, che aveva il dominio anche sui casali di Arietta, Petronà e Marcedusa, un casato proveniente dalla Germania, appartenente al Ramo dei Hohenems, e che beneficiò della nobiltà in varie città italiane tra cui Roma, Bologna e Napoli dove lo troviamo presente nel Patriziato Napoletano con iscrizione al Seggio di Portanova e dopo l'abolizione dei Sedili sul finire del XVIII e l’inizio del XIX secolo, lo troviamo presente anche nel Libro d'Oro Napoletano. La famiglia Altemps la cui rappresentazione simbolica della linea era costituita dal motto: Ipse Dux Ipse Miles (Il capo è un soldato) e per arma: d’azzurro all’ariete rampante d’oro, fu insignita anche del titolo di duca e nel 1738 con Filippo († 1743) indossò l'abito di Malta. Tra gli ultimi titolari del feudo figura “Roberto (1687 † 1747), figlio di Giuseppe Maria (1653 † 1713), nobile romano e patrizio napoletano, duca di Gallese e barone di Mesoraca alla morte del padre, vendette i feudi di Soriano e Rocchette; nel 1718 sposò ad Aversa Filomena de Silva, figlia di Fabrizio, patrizio napoletano”[6].

Oggi Petronà viene identificata come Città delle castagne e dei funghi. In questo mio excursus di conoscenza di una realtà a me fino ad oggi poco nota, stimolato da questa appartenenza all’area dialettale del Reventino, ho scoperto che il suo Santo Patrono è San Pietro e Paolo con festa patronale il 29 giugno e che l’edificio religioso più rinomato è la Chiesa Parrocchiale di San Pietro Apostolo proprio come quella di Mandatoriccio. Credo che tutto ciò non sia solo un caso, poiché la tradizione della pietà popolare dei SS. Apostoli Pietro e Paolo proviene dai Casali cosentini in particolare da Scigliano. Una tradizione che è ha accompagnato quei profughi sfuggiti al terremoto del 1638. Mi chiedo. Può essere che anche Petronà sia stata oltre che nel dialetto influenzata anche dalle tradizioni dei tanti esuli che spostandosi influenzarono il territorio di Savelli, Pallagorio, Umbriatico, Mandatoriccio e tanti altri? L’interrogativo mi pare legittimo visto che anche l’Abate Sacco ci ricorda che Petronà come “Casale […] fu edificato verso la fine del passato secolo da poche Famiglie de’ Casali di Cosenza.

Infine, non secondarie risultano alcune tematiche da approfondire come quelle riguardanti il brigantaggio del quale Petronà credo non fu immune, oppure la pietà popolare con le sue tradizioni, l’emigrazione, elementi comuni, se pure con diverse sfaccettature, a tutti i paesi della Calabria e quindi anche del territorio del Reventino a cui ho cercato di fare riferimento, ma anche la monumentalità, le risorse archeologiche eventualmente presenti nel territorio di competenza, le tradizioni che come dicevo sopra possono avere tratti e percorsi comuni.

Lo scopo del presente intervento è soprattutto quello di stimolare quanti fanno parte del gruppo dell’area del Reventino affinché intervenendo sul Blog con i loro commenti sui diversi temi proposti possono contribuire ad arricchire le informazioni su Petronà in modo da poter ricostruire una storia a più mani partendo soprattutto dal prezioso contributo del prof. Fiore Scalzi che ho rintracciato sul sito del Comune di Petronà, che ho potuto consultare utilizzandolo come guida e che per tale motivo lo ringrazio pubblicamente.

Bibliografia

[1] F. TALARICO, Pampoglie, Leonida 2015 in https://uhocularu.wixsite.com/uhocularu.

[2] G. M. ALFANO, Istorica descrizione del Regno di Napoli diviso in dodici provincie ... Editore Vincenzo Manfredi, Napoli 1795, p. 108.

[3] F. SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli… Tomo III, presso Vincenzo Flauto, Napoli 1796, p.70.

[4] Cfr. F. SCALZI, Petronà tra cronaca e storia, in https://www.comune.petrona.cz.it/index.php?action=index&p=10223.

[5] Cfr. F. SCALZI, Petronà tra cronaca e storia, in https://www.comune.petrona.cz.it/index.php?action=index&p=10223.

[6] Cfr. http://www.nobili-napoletani.it/Altemps.htm 11/, Pdf, pp. 1-3. [Note: 1) - Libro d'Oro Napoletano - Archivio di Stato di Napoli - Sezione Diplomatica. 2) - Il cognome preso da un castello sovrastante il borgo di Ems o Emps, tradotto in Alta Ems, assunse poi la forma definitiva di Altemps.]


Foto di Mario Miglianese: Petronà - Casa della Società Operaia del Mutuo Soccorso


Foto di Mario Miglianese: Petronà - Chiesa di San Pietro e Paolo

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