Franco Emilio Carlino
Nel percorso ormai tracciato, che mi vede impegnato nella produzione di alcuni articoli sui paesi facenti parte dell’area del Reventino, la ricerca odierna mi porta a Parenti, ovviamente non fisicamente, ma attraverso la ricerca. Un viaggio nei tanti libri e autori che in qualche modo ne hanno tracciato le coordinate essenziali della sua storia e che ora cercherò, secondo il mio modello, di assemblare per averne uno spaccato storico più omogeneo e lineare. Il presente contributo si prefigge quindi lo scopo di sintetizzare la storia di questo comune silano ripercorrendola in modo da riviverla con la mente attraverso la successione dei tanti avvenimenti che hanno interessato nei secoli il borgo di Parenti. Una descrizione, certamente ai più, nota e conosciuta, ma che mi aiuta a ricreare un ambiente che emerge dalle numerose informazioni sparse un po’ di quà e un po’ di là e dalle carte di archivio tracciandone sì una descrizione storica rivisitata, ma dalla quale comunque affiora il senso di appartenenza dell’intera comunità parentese.
Parenti, terra in Calabria citeriore, in diocesi di Cosenza. Così scriveva già nel lontano 1804 Lorenzo Giustiniani aggiungendo che si trattava di un luogo dove l’aria era buona, gli abitanti erano circa 850 e il suo territorio abbondava di vino, castagne, ghiande, grano e granone. Il suo suolo in quel tempo era nei possedimenti della famiglia Ricciulli di Rogliano[1]. A questi, nel 1823, con brevi note facevano eco Giuseppe Maria Alfano che scriveva di Parenti come una Terra sopra un monte con 1000 abitanti distante 6 miglia da Cosenza[2] e nel 1852 Ferdinando De Luca e Raffaele Mastriani che lo raccontavano come un comune posto nel distretto e nella diocesi di Cosenza, nel circondario di Rogliano insieme a Marzi, S. Stefano di Rogliano, Mastriani e Belsito, dal territorio esteso confinante con quello di Melilla e di Rogliano a poca distanza dal fiume Savuto, dotato di propria amministrazione con 1900 abitanti[3].
Informazioni su Parenti si attingono anche dal Zuccagni-Orlandini attraverso una nota del 1845 con la quale si viene a conoscenza che a Parenti si teneva una Fiera annua nel mese di Luglio nella domenica successiva al 16 del mese e una seconda nota del 1861 la quale riferisce che Parenti, posta nel circondario di Cosenza vicino al fiume Savuto, ricavava dalla sua terra abbondanza di diversi prodotti alimentari e varietà vegetali[4].
Prima di elaborare un’analisi della Parenti attuale vale la pena, però, ricordare pure quanto, a riguardo, Amato Amati scriveva di Parenti nel 1868: “[…] Comune nel Napoletano, […] circondario di Cosenza, mandamento di Rogliano. Ha una superficie di 2413 ettari. La sua popolazione di fatto, secondo il censimento del 1861, contava abitanti 1411 (maschi 596, femmine 815); quella di diritto era di 1714. La sua guardia nazionale consta di una compagnia con 119 militi attivi. Gli elettori amministrativi nel 1865 erano 63, e 16 i politici, inscritti nel collegio di Rogliano. L'ufficio postale è a Rogliano. Appartiene alla diocesi di Cosenza. Il suo territorio è fertile in viti, ulivi, biade e olio. Parenti è un villaggio posto alla distanza di 30 chilometri da Cosenza”[5].
Secondo l’Annuario Italiano del 1876, Anno II, per i tipi di Edoardo Sonzogno Editore di Milano, Parenti, facente parte della Provincia di Cosenza, contava 1.473 abitanti, dipendeva dalla Pretura Rogliano, come pure a Rogliano faceva riferimento il suo Collegio elettorale, notizie ampiamente anticipate da Salvatore Muzzi nel suo Vocabolario Geografico-Storico-Statistico dell’Italia, edito da Giacomo Monti, Bologna 1873, p. 399.
Queste prime e importanti indicazioni offrono soprattutto un dato significativo sull’andamento della popolazione. Dati che registrano un costante incremento fino alla metà del precedente secolo passando dagli 850 abitanti posseduti all’inizio del XVIII secolo, ai 1000 registrati alla fine del medesimo secolo per arrivare come sostiene il Valente ai 1090 nel 1815; 1372 nel 1825; 1698 nel 1849. Dopo l’Unità d’Italia secondo i dati dei Censimenti, Parenti avrà una popolazione di 1.714 nel 1861, 1.807 nel 1871, 1.950 nel 1881, 2.185 nel 1901, 2.209 nel 1911, 2.157 nel 1921, 2.234 nel 1931, 2.355 nel 1936, 2.959 nel 1951 che è anche il suo massimo storico raggiunto. Da tale momento in poi si assisterà a un costante decremento della popolazione parentese così censito: 2.839 nel 1961, 2.254 nel 1971, 2.265 nel 1981, 2.244 nel 1991, 2.328 nel 2001 e 2.149 nel 2016.
Interessante, ai fini di una più profonda conoscenza del passato, risulta la nota del D’Avino circa l’ingresso sul nostro territorio degli Albanesi e dei benefici che questi portarono al territorio di riferimento: “[…] La nostra indigena razza dopo la venuta degli Albanesi non è stata infeconda di colonie; ma da indi innanzi ne sono nate molte castelle, villate, e borghetti. Siffatte colonie, piantate ne’ feudi dei privati o nelle terre comunitative, migliorarono l’agricoltura, accrebbero i mezzi di vivere, si aumentarono rapidamente e prodigiosamente, come rami incalmati sul vecchio tronco, per quel felice movimento, che accompagna le colonie, e moltiplicarono e ravvivarono la popolazione, togliendo lo squallore e la miseria dalle nostre contrade. Una colonia italiana fu piantata in Buonvicino nel secolo quindicesimo, ed oltre nel secolo sedicesimo in Serrastretta, San Giovanni in Fiore, Santo Onofrio, San Luca, e Fabrizia o Brunara; nel secolo diciassettesimo in Sersale, Santa Domenica, Diamante, San Pietro di Maida, San Sosti, Santo Manco o Muricello, Cipollina, Santo Angelo o Platania, Mandatoriccio, e nei tre Gorii o Corii di San Lorenzo, di Rogudi, e di Roccaforte; nel secolo passato in Parenti, ed in Lauropoli, e poi in Alessandria, ed in San Ferdinando”[6].
Circa il profilo storico, da quanto se ne conosce secondo accreditate fonti storiche, Parenti venne costruito nella omonima località, da Luigi Ricciulli, nelle vicinanze di un podere di famiglia verso la conclusione del Seicento. Nei primi anni del Settecento (1709) Parenti fu sottomesso al regime feudale della stessa famiglia Ricciulli che ne conservò poi il possesso fino al 1806, anno della legge sulla feudalità. Tuttavia, per avere una visione della ricostruzione storica la più completa possibile, essendo tali zone a me fisicamente sconosciute, è con grande interesse che, per la presente ricerca, ricorrerò ad ulteriori informazioni fornite dal sito comunale che a riguardo così riporta: “Racchiuso in un anfiteatro di monti, tra il verde degli alberi, il profumo della natura e il cinguettio degli uccelli, Parenti sorgeva alla fine del XVII sec., nel 1696, come “stabile appartenente alla baliva dei Casali del Monaco di Cosenza sotto la giurisdizione di Giuseppe Sambiase. Luigi Ricciulli, barone del tempo, fissò il suo palazzo nella parte più alta del paese da dove controllava la valle intera. È proprio qui che cominciarono a formarsi i nuovi “presidi” (ancora mantenuto come nome), dove sorge l’attuale centro storico. A Luigi successe il figlio Stefano e con lui ci fu un incremento demografico, e, in particolar modo, di briganti. A quanto si racconta, infatti, il Ricciulli aveva messo sul portone del suo palazzo una catena, chiamata “dell’immunità”, e chiunque riusciva a raggiungere il paese e toccare questa catena era considerato immune da ogni crimine e poteva risiedere nel paese. Le persone che si recavano a trovare questi “fuorilegge” non si potevano dichiarare tali, e per questo assicuravano che andavano a trovare i “parenti” che risiedevano nel feudo, e da questo sembra che abbia origine il nome del Paese. A Stefano succedette il primogenito Luigi Ricciulli (17/11/1743), e a questi Gaetano Ricciulli (20/09/1772) che fu l’ultimo dei feudatari di Parenti”[7].
Con la conclusione del XVIII e l’inizio del XIX secolo Parenti si rende popolare soprattutto per la sua nuova condizione sociale, ossia quella di essere divenuta punto di richiamo quale rifugio di briganti provenienti da ogni dove. Un’epoca nella quale non mancarono agitazioni e sedizioni sociali che portano, secondo alcune testimonianze, anche ad azioni e comportamenti poco piacevoli culminati spesso anche in vere carneficine. Quindi una Parenti non immune al triste fenomeno del brigantaggio, un fenomeno ancora oggi oggetto di studio e di approfondimento da parte dei studiosi, germinato secondo molti come ribellione sociale, ma che secondo altri ben presto scivolò in atti di ordinaria criminalità legittimati dagli stessi autori in nome di bizzarre sollevazioni sociali e politiche. Quanto accaduto a Parenti e che affiora attraverso una serie di racconti, dimostra proprio che al brigantaggio parentese non può essere riconosciuta alcuna considerazione storica, perché quello che accadde in quel periodo fu solo prepotenza, aggressività, brutalità, un procedere dettato sempre dalla propria convenienza. Sull’argomento scrive Carmine Aurilio, “Parenti si trovò al centro di questa delinquenza sia per la sua posizione geografica, sia per il diritto di immunità, che i Baroni Ricciulli seguitavano a mantenere nel feudo. Ed anche quando il brigantaggio, sotto la dominazione francese, iniziò veramente ad essere “guerra sociale”, a Parenti seguitò ad essere crudeltà”[8].
Nel periodo risorgimentale, a perorare la causa della libertà non mancarono alcuni suoi concittadini come Gaspare Falbo e rappresentanti della famiglia Cardamone. La sua storia si arricchisce anche per alcune figure erudite delle quali Parenti vanta la natalità e l’appartenenza e che degnamente figurano nella pagina web del sito comunale alla voce cittadini illustri[9]. Tra questi: l’urologo Carmelo Bruni, il letterato Pasquale Cardamone, lo scrittore Raffaello Cardamone, il letterato Sante Cardamone, gli avvocati Domenico, Emilio e Pasquale Cardamone, il prefetto Vincenzo Cardamone, i giornalisti Carlo e Alfonso Cardamone, il medico Giulio Giuseppe Camillo Grandinetti, il capo servizi INPS Armando Cardamone, il capo dell’Amm. Comunale Alberto Cardamone, il Consigliere di Stato Cesare Cardamone, il giornalista e politico Roberto Cardamone, don Carlo Noè, sacerdote confinato, i politici Lorenzo e Battista Lupia, il Senatore Mimmo Garofalo, il preside Marcello Guarascio, Adelfo Sorrentino, segr. Amm. O.V.S. Ariosto Ponterio, l’insegnante Arturo Veltri, il medico Ermanno Federico.
“Il paese -scriveva il compianto Gustavo Valente- godette di molta notorietà durante l’occupazione francese del Reame di Napoli, quando, per testimoniare la sua fedeltà al Borbone trucidò un manipolo di soldati napoleonici. Per decreto il 4 maggio 1811, istitutivo di Comuni e Circondari, veniva riconosciuto tra i primi e compreso nella giurisdizione di Rogliano. Nel 1928 veniva retrocesso a frazione ed aggregato a Rogliano, da cui veniva staccato nel 1934 per essere ricostituito a comune autonomo”[10].
Fatta questa preliminare ricognizione dalla quale emergono non poche notizie storiche riportate dai diversi autori, la Parenti odierna si presenta a noi come un Comune della provincia di Cosenza, immerso nella campagna cosentina, avente una superficie di 37,62 Kmq, con una popolazione residente di 2.149 di cui 1.067 M e 1.082 F e una densità per Kmq di 57,1 abitanti denominati Parentesi. Si parla di un centro agricolo posto nell'alta Valle del Savuto che fa parte della Comunità Montana del Savuto, Regione Agraria n. 6 - Sila Piccola Cosentina. Le località e le frazioni che compongono il Capoluogo sono: Bocca di Piazza, certamente tra tutte, quella più consistente come grandezza, importanza e numero di abitanti residenti nel corso dell’intero anno. È uno dei centri agricoli di eccellenza dell’altopiano silano per la produzione di patate e funghi oltre che sede, come già accennato, di uno stabilimento per l’imbottigliamento di acqua oligominerale. Ottimo luogo di villeggiatura della Sila Piccola a circa 1270 m sul livello del mare è stato da sempre un interessante punto di sosta e snodo viario per diverse località silane come Villaggio Mancuso, Lorica, e i laghi del Passante, del Savuto, Ampollino sedi di centrali per la trasformazione dell’energia elettrica e altre località vicine. Gl’inizi della sua composizione risalgono agli anni ‘50, grazie alla Riforma Agraria, mediante la quale tramite l’Istituto dell’Opera Valorizzazione Sila è stato possibile assegnare a tante famiglie il podere e la relativa casa; Cannavina, una frazione che assume il nome dal fiume omonimo che la lambisce; Carroi, quella più prossima a Parenti posta nella parte alta che conduce sull’altopiano; Marcillera, Favali, Guglielmo, anche questa molto dedita alla coltivazione del tubero silano (patata); Vallelaposta, sito sulla riva sinistra del Savuto; Trencato, Centrale Savuto, Carito, Vermiglia. Il suo territorio è confinante con i Comuni di Aprigliano, Bianchi, Colosimi, Marzi, Rogliano, tutti nella medesima provincia di Cosenza e Taverna nella provincia di Catanzaro.
Il borgo si eleva, a 798 m sul livello del mare, su un costone ammantato da una rigogliosa vegetazione di querce e castagni, alle pendici del monte Brutto e alla sinistra del fiume Savuto, con una variazione altimetrica che oscilla tra 654 e 1.455 m e un clima abbastanza rigido e in modo preponderante umido essendo protetto dalle montagne circostanti e quindi poco scoperto ai venti. Al contrario nel corso dei mesi estivi questo diventa caldo con le temperature che rientrano nel corso della serata assicurando così una piacevole frescura per via dell’intensa e vicina vegetazione fornita dai fitti boschi di castagni e querce.
Riguardo al profilo urbanistico il borgo, come del resto la grande maggioranza dei paesi montani, si presenta raggruppato con le sue abitazioni tra loro accostate con i caratteristici stringimenti, viuzze, vicoli, vinelle, slarghi e le strette gradinate che collegano le parti alte del borgo con quelle più basse. Elementi di rilievo sotto l’aspetto architettonico si riscontrano in alcuni edifici come i due palazzi della famiglia Ricciulli feudataria del luogo, il primo di Luigi e il secondo di Stefano risalente alla prima metà del XVIII secolo oggi adibito come residenza municipale, palazzo Bruni, già sede del Municipio ed oggi della biblioteca comunale, il monumento ai caduti, la Chiesa della Madonna del Carmine, la quale secondo fonti storiche non sostenute da sufficiente documentazione risalirebbe orientativamente allo stesso periodo, certamente l’edificio più rilevante del paese e la Cappella di San Pasquale.
Per quanto riguarda la Chiesa della Madonna del Carmine o del Carmelo, Matrice di Parenti, si tratta di un edificio in stile gotico che si esibisce in tutta la sua eleganza nella facciata, cui si schiudono nella parte sottostante tre portali d’ingresso raggiungibili tramite una scalinata, mentre nella parte sovrastante una bifora è posta sotto l’immagine della Madonna circondata da dodici stelle. Accostata alla chiesa si trova la torre campanaria a base quadrata, raggiungibile attraverso gradini, edificata su tre livelli il cui ultimo termina con ampie aperture a volta protette da ringhiere ai quattro lati e ai cui angoli in cima sono sistemati quattro angeli. La struttura, nel corso degli anni è stata interessata da non pochi interventi di ristrutturazione e conservazione per via di un continuo processo di danneggiamento persino alle parti murarie, che hanno riguardato sia il complessivo impianto strutturale in termini di staticità, di muratura, di intonacatura, di copertura, di pavimentazione, ma anche gli aspetti ornamentali.
In rapporto alla sua erezione le prime informazioni portano alla fine della prima metà del XVIII secolo in quanto menzionata nel Catasto Generale di Parenti del 1743, mentre ulteriori notizie parlano del 1752, poiché proprio a quegli anni risalgono i primi registri relativi agli atti di battesimo, di matrimonio e di morte. Infine altre notizie ancora si attingono, secondo Carmine Aurilio[11], da alcune visite pastorali, una prima del 22 ottobre del 1768 e la seconda del 21 ottobre del 1777.
Al suo interno, preservata da angeli che ne sorreggono un manto celeste con cielo stellato, l'abside circolare accoglie l'altare maggiore con in alto la statua della Madonna, patrona del paese, la cui festività ricade la terza domenica di luglio. Ai lati dell’altare due nicchie accolgono rispettivamente quella di destra la statua di S. Antonio da Padova e quella a sinistra la statua della Madonna di Costantinopoli. Attraversando la navata sinistra si possono osservare gli altari dedicati a S. Francesco di Paola, a S. Giuseppe e S. Liberata, invece, percorrendo quella di destra uno è dedicato a S. Rita e l’altro all'Immacolata. La Chiesa custodisce anche un raffinato crocifisso.
La seconda chiesa di Parenti è rappresentata dalla cappella di San Pasquale, costruita per quanto se ne viene a sapere per desiderio di Pasquale Cardamone tanto che, come riportato dal sito web del Comune, su una lapide marmorea collocata sul portale è così impresso: “Pascalis Cardamone Pietas Mandavit Filii Obsequentes Praestiterunt A.D.-MDCCCXCVII”, conserva un dipinto raffigurante S. Pasquale, opera del cosentino Enrico Salfi, seguace del celebre Domenico Morelli, pittore napoletano.
Relativamente all’etimologia del suo nome, come sempre, anche in questo caso, non mancano le differenti ipotesi tra coloro che sostengono che questo provenga dal nome di persona Perentius, ed altri secondo i quali Parenti deriva dal termine i parenti. Ipotesi che si richiama alla leggenda della catena dell’immunità sulla quale si è accennato in precedenza, vissuta durante il governo di Stefano Ricciulli.
La sua economia, dopo avere subito agli inizi del secolo scorso una grave crisi produttiva, aggravata anche dalle circostanze belliche dei due conflitti mondiali e dall’emigrazione di alcune generazioni, che coinvolse buona parte della popolazione per ragioni di lavoro, oggi si caratterizza prevalentemente per la sua vocazione agricola che consente la coltivazione dei campi silani dove vengono prodotti cereali come il grano, frutta soprattutto (mele, pere, ciliegie, amarene, fichi), ortaggi e patate. In particolare le patate nell’immediato dopoguerra rappresentarono il volano economico. Una intuizione nel sostenere la coltivazione che portò ben presto alla comparsa di attività cooperativistiche tra contadini che, utilizzando la grande disponibilità delle terre silane, favorirono non solo il sistema generale dell’agricoltura ma con essa soprattutto lo sviluppo e l’inurbamento di nuovi villaggi, sull’altopiano molto noto per questo tipo di coltura, sostenuti primariamente, ancora oggi, da un’economia espansiva basata sulla coltivazione della patata attraverso la piantagione della pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Solanaceae (solanum tuberosum) e la conseguente lavorazione del rinomato tubero silano. Un particolare tipo di attività che coinvolge numerose famiglie e addetti residenti nei diversi villaggi (frazioni) del Capoluogo Parenti occupati in questa particolare coltura che si sviluppa in buona parte dei mesi dell’anno a cominciare dal mese di aprile-maggio quando il tubero viene messo a dimora (semina) fino a settembre-ottobre quando questo viene raccolto. Come già più volte menzionato nei vari interventi di questo percorso di ricerca la stragrande maggioranza dei paesi del Reventino hanno nelle loro attività rurali quella della coltivazione della patata, quindi Parenti non è di sicuro l’unico produttore, ma quello che si può dire è che questa risulta una delle più fiorenti attività economiche del suo territorio. Maggiori e più dettagliate informazioni si possono avere consultando il sito comunale di Parenti alla voce: Le patate.
Non di meno risulta fondamentale il contributo offerto all’economia del luogo, grazie alla grande disponibilità degli estesi e lussureggianti castagneti di cui il paese dispone, dalla larga produzione delle castagne e dalla successiva trasformazione in Contrada Cutura. Da sempre sicura sorgente di mantenimento per l’intera comunità parentese, il prodotto veniva e continua ad essere raccolto per poi via via essere trasformato in farina con la quale anticamente si produceva anche il pane di castagna o nei diversi prodotti come (pastelle, i filari ‘e castàgne ‘mpurnàte) da consumare nei mesi invernali, come pure in castagne bollite o in caldarroste (‘e rusèlle), utilizzate nel consumo giornaliero.
La grande estensione boschiva di Parenti diventa ancora risorsa indiscutibile per la produzione del legno ed altri prodotti del suo sottobosco come le diverse varietà di fungo, tra cui i più noti risultano il porcino e il rosito, volgarmente chiamato (pinnìculo) ed altre specie ancora.
L’agricoltura la quale rappresenta anche la fetta più rilevante per quanto riguarda la forza lavoro del luogo per la presenza di numerose aziende a conduzione diretta è affiancata dalla zootecnia attraverso la presenza di un importante patrimonio di animali di allevamento, costituito specialmente da ovini e suini.
La seconda metà XX secolo, in particolare gli anni ‘70 e ‘80, rappresentò per Parenti l’inizio di una nuova urbanizzazione, che raggiunse il suo apice alla fine del secolo con l’approvazione dello strumento urbanistico comunale. Si realizzarono nuovi edifici e si crearono le premesse per nuovi posti di lavoro. I successivi anni ‘90 furono gli anni in cui nella contrada parentese di Bocca di Piazza si cercò di organizzare l’opificio con l’impianto per l’imbottigliamento dell’acqua.
Fortemente legato alle proprie tradizioni e a quelle che sono le proprie origini, Parenti è anche sede del Museo dell’Arte contadina. Una struttura collocata nel palazzo della blasonata famiglia Ricciulli che nell’area espositiva del museo vanta una rassegna di utensili e cimeli quali testimonianza di vita quotidiana e simbolo di un passato rurale che è tratto fondamentale della storia della Comunità parentese.
Infine, la lettura di un interessante libro di storia locale, come quello di Ubaldo Lupia dal quale ho inteso estrapolare alcune didascalie a margine di alcune foto riguardanti il Savuto offre il senso di uno spaccato del vissuto comunitario di Parenti. “La valle del Savuto vista da Parenti all’inizio del ‘900. Si può notare -scrive Lupia- la notevole portata d’acqua che nei mesi invernali, a detta di molti anziani, diveniva impressionante. (Secondo un documento del 1812 il fiume superava d’estate i 2 metri d’altezza e d’inverno in media i 4 metri). Sulle sue sponde, sorsero, proprio perché le sue acque costituivano una forza motrice sempre disponibile, numerosi mulini per la molitura del grano. In primavera dava vita a ricche “macchie” coltivate ad ortaggi e le donne andavano a lavare i panni usati nell’inverno (a lissia) e curavano le tele tessute in casa al telaio. Dalla toponomastica di alcune zone attraversate dal Savuto alcuni storici desumono che all’epoca Romana, essendo l’unico fiume che dalla Sila raggiunge il Mar Tirreno, era usato da questi per trasportare i grandi pini e abeti fino al mare per la costruzione della loro flotta navale. Ipotesi molto verosimile dato che nel XIX secolo il Padula, definiva il Savuto per la sua portata d’acqua e la sua impetuosità “fiume che trasporta alberi all’impiedi. -In un’altra foto il Lupia così disserta-: Bagni a Savuto – Il Savuto d’estate era invaso da frotte di giovani e bambini. Si facevano il bagno nei vulli e passavano le giornate in allegria. […] La tradizione di fare il bagno al fiume ha coinvolto da sempre (fino agli anni ‘60) i giovani di tutte le classi sociali”[12].
In conclusione, anche in tal caso, nel corso della ricerca ho potuto riscontrare una serie di vocaboli presenti nel dialetto di Mandatoriccio. Ciò conferma, se pure geograficamente lontano, l’appartenenza del mio paese, all’area del Reventino-Savuto per quanto riguarda l’idioma linguistico dialettale.
Bibliografia:
[1] Cfr. Lorenzo GIUSTINIANI, Dizionario ragionato del Regno di Napoli, Tomo VII, Napoli 1804, p. 132.
[2] Cfr. Giuseppe Maria ALFANO, Istorica Descrizione del Regno di Napoli, Dai Torchi di Raffaele Miranda, 1823, p. 171.
[3] Cfr. Ferdinando DE LUCA Raffaele MASTRIANI (a cura), Dizionario corografico universale dell’Italia, Volume Quarto, Parte Prima, Reame di Napoli Stabilimento di Civelli Giuseppe e Comp., Milano 1852, pp. 721, 824.
[4] Attilio ZUCCAGNI-ORLANDINI, Corografia Fisica, Storica e Statistica dell’Italia e delle sue Isole corredata di un Atlante, Supplemento al volume Undecimo, Presso gli Editori, Firenze 1845, p. 536; Attilio ZUCCAGNI-ORLANDINI, Dizionario topografico dei comuni d’Italia, Tipografia Tofani, Società Editrice, Firenze 1861, p. 752.
[5] Amato AMATI, Dizionario corografico dell’Italia sotto l’aspetto Fisico, Militare, Storico, Letterario, Artistico e Statistico, Volume Quinto, ME-PE, Francesco Vallardi Tipografo-Editore, Napoli 1868, p. 939.
[6] Vincenzo D’AVINO, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili e prelatizie (nullius) nel Regno delle Due Sicilie, raccolti, annotati, scritti per l’Abate Vincenzo D’Avino, Dalle Stampe di Ranucci, Napoli 1848, p. 589.
[7] Adriano GUARASCIO, Parenti: L'Anfiteatro dei Monti in http://www.comune.parenti.cs.it/index.php?action=index&p=76.
[8] Carmine AURILIO, Parenti Scienza e Tradizioni, in http://www.calabriaonline.com/col/lacalabria/regione/luoghi04.php; Brigantaggio a Parenti, da: http://www.parenticomune.it/cenni_storici.htm, in: http://www.brigantaggio.net/brigantaggio/storia/altre/Parenti.htm.
[9] Cfr. Cittadini illustri Comune di Parenti, in http://www.comune.parenti.cs.it/index.php?action=index&p=208.
[10] Gustavo VALENTE, Dizionario dei Luoghi della Calabria, Volume II, M-Z, Edizioni FRAMA’S, Chiaravalle Centrale (CZ), 1973, pp. 716,717.
[11] Carmine AURILIO, Chiesa della Madonna del Carmine, in http://www.comune.parenti.cs.it/index.php?action=index&p=240.
[12] Ubaldo LUPIA, Parenti. Tra storia, memoria e cronaca del '900 (1900-1950), Pellegrini Editore, Cosenza 2006, pp. 85, 86.
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