Franco Emilio Carlino
Già Casale della Città Regia di Scigliano, come indicato da Giuseppe Maria Alfano[1], Panettieri, oggi, è un Comune, della Provincia di Cosenza, che recenti dati statistici ricavati dall’ultimo censimento del 2010 lo indicano con una popolazione di 343 abitanti di cui M 162 e F 181 distribuiti su una superficie di 14,65 Kmq e una densità abitativa di 23,1 per Kmq, con un calo in numero di abitanti rispetto al passato. Fattore, peraltro, che i precedenti Censimenti, quelli del 1991 e del 2001, avevano già registrato.
Il Comune fa parte della Comunità Montana del Savuto, Regione Agraria n. 6 – Sila Piccola cosentina, confinante con i Comuni di Bianchi in provincia di Cosenza e Sorbo San Basile e Carlopoli in provincia di Catanzaro, segnandone con quest’ultimo anche il confine tra le due provincie.
L’antico sito sviluppatosi seguendo l’andamento della fiumara Sant’Elia lo si scorge sul versante occidentale della Presila, dalla morfologia prevalentemente montuosa a 937 m sul livello del mare, con una variazione altimetrica compresa tra 844 e 1237 m, svetta sopra una collina nella parte alta del fiume Corace, allargandosi sul versante meridionale dei monti della Sila Piccola, dove in corrispondenza delle zone meno elevate si possono ammirare estesi appezzamenti di terreno riservati a pascolo intervallati da campi adibiti alla coltivazione di orti. Dal punto di vista ambientale, il suo territorio è ricco di corsi d’acqua (Corace, Sant’Elia, Nero, Fego) che si distendono lungo le meravigliose vallate ammantate da ampie zone boschive di conifere e latifoglie creando un incantevole sottobosco e un’estesa e rigogliosa macchia verdeggiante lungo i fianchi delle principali cime, poste a occidente nella regione del Malitano, verso meridione con quelle di Serra S. Nicola e Colle la Croce, e Monte Comunelli a oriente. La tipologia selvosa si compone in prevalenza di ontani, querce e castagni sfruttati per la produzione del prezioso frutto, elemento primario dell’economia reddituale delle famiglie del luogo e di una consolidata tradizione commerciale.
Secondo le indicazioni fornite dal compianto Gustavo Valente[2], si vuole che il paese si sia formato attorno a un insediamento di contadini stabilito per comodità nei lavori agricoli sulle montagne di Scigliano. La fondazione di Panettieri, supportata da altre informazioni, viene confermata tra il 1500 e il 1600 a seguito delle buone aspettative economiche che all’epoca si preannunciavano nel territorio circostante, in particolare intorno all’Abbazia di Corazzo, dove fiorivano rilevanti attività nei diversi settori economici come l’agricoltura, la pastorizia con la lavorazione del latte, dei suoi derivati e della lana, l’artigianato. Una operosità che si dimostrò volano di sviluppo per tutto il territorio e che favorì la formazione di tanti altri insediamenti urbani, poi denominati Casali, dove prima sorgevano, invece, originari monasteri e comunità religiose. Secondo le informazioni rilevate dal sito comunale “Almeno due erano gli insediamenti monastici ancora in attività alla data di fondazione del paese. Il primo, quello di Santa Maria di Peseca, ricade oggi in territorio del comune di Taverna. L’altro convento, intitolato a San Nicola di Giacciano, sorgeva in una zona impervia sulla sponda est del fiume Sant’Elia”[3].
Panettieri e altri Casali furono indirettamente interessati dall’evento tellurico del 1638 che, oltre a provocare distruzione e morte nell’intera area del Savuto, sfigurando pesantemente Scigliano e Martirano, generò anche una fase di incertezza e instabilità in molte delle popolazioni della zona costrette a trovare altre vie e altri luoghi dove sistemarsi. Ed è proprio in seguito a tale evento che non pochi agricoltori raggiunsero i primi insediamenti di contadini di cui parla il Valente, tra cui Panettieri, dove stabilirono dimora e costruirono le proprie abitazioni dando una nuova fisionomia e solidità al nuovo paese che divenne Casale di Scigliano, anche relativamente agli aspetti fiscali e amministrativi.
Da quanto se ne viene a sapere, inoltre, il piccolo villaggio della provincia di Calabria Citeriore, inserito nel circondario di Cosenza e nel mandamento di Scigliano, secondo lo storico sciglianese Accattatis era già presente nel 1612, data che sarebbe confermata da un decreto di Monsignor Francesco Monaco, allora Vescovo di Martirano, con il quale in data 23 aprile 1612 elevava a Parrocchia Castagna, frazione di Carlopoli, aggregandovi anche la popolazione di Panettieri.
Va altresì sottolineato che Panettieri rimase Casale di Scigliano fino al 1811 seguendone anche i fatti e i mutamenti politico-amministrativi, mentre successivamente per nove anni divenne Casale di Colosimi, rimanendovi fino al 25 gennaio 1820, data che segnò la conquista della sua autonomia come Comune a seguito dell’ordinamento amministrativo disposto dai francesi per decreto 4 maggio 1811, istitutivo dei Comuni e Circondari.
Per avere un dato certo circa la sua popolazione bisogna risalire al censimento del 1861 quando il piccolo borgo contava appena 803 abitanti e secondo l’Amati[4], la sua guardia nazionale era formata da una compagnia con 69 militi attivi. Gli elettori amministrativi nel 1865 erano 31, e i politici 5, inscritti nel collegio di Rogliano. L'ufficio postale era a Carpanzano. All’inizio del XIX secolo (1818), a seguito della soppressione del vescovado di Martirano, Panettieri transitò nella diocesi di Nicastro.
Circa l’etimo, anche nel caso di Panettieri, differenti sono le opinioni. Vincenzo Padula, ad esempio, nel porsi la domanda di che cosa volesse dire la voce Panettieri, in un saggio intento a individuare nel mondo preistorico la provenienza semitica della toponomastica calabrese e italiana, stampato a Napoli nel 1871 nello Stabilimento tipografico di P. Androsio, nel quale le sue etimologie risultano straordinarie, sostenne che il significato originario del termine Panettieri deriverebbe dall'ebraico “Paneth-Hother (superficie fumante)”[5], diversamente da quanto riportato in alcuni siti secondo il quale il termine Panettieri deriverebbe dal greco, affermazione peraltro avallata da una fugacissima chiosa nella quale l’autore così avrebbe scritto: “Panettieri. Se il paese non è antico, il nome è antichissimo. Παυαϰτεϱής significa «tutti insepolti». A riguardo, quanto riportato dal Padula non era altro che una sua considerazione su quanto scritto da Esichio di Mileto circa il termine Panatto dal quale il Padula pensava potesse derivare Panettieri[6].
Non mancano tuttavia coloro, come l’Alessio e il Rohlfs, che ritengono che il nome derivi dalla voce dialettale panetteri, ossia panettiere (fornaio), e perciò verosimilmente anche dalla creatività che gli abitanti del luogo avevano nel panificare. A seguito di quanto detto, come riportato dal sito comunale “Nel centro storico sorse presto uno dei primi forni ad uso pubblico del paese (che, dopo una fase di restauro, ospita oggi il Museo del Pane). E altri forni sorsero nel corso degli anni, fino a fare dunque dell’agglomerato un paese di panettieri. Inoltre, data la sua collocazione geografica lungo la direttrice di transito che da Corazzo conduceva alle alture silane, nelle fasi del suo sviluppo Panettieri deve essersi configurato come tappa obbligata durante i percorsi di transumanza e gli spostamenti di lavoratori stagionali, che ebbero nuovo impulso dalla nascita stessa del casale. In questo contesto la comunità deve aver maturato attitudini e vocazioni ricettive, e perfezionato le proprie abilità nella fabbricazione del pane. È ipotizzabile la presenza sul territorio di stazioni di sosta, tanto che uno dei rioni del nucleo originario conserva ancora oggi il nome di ’u cucinaru, e farebbe dunque pensare all’esistenza di un punto di ristoro”[7]. I suoi abitanti sono denominati Panetteresi.
Come tutti i paesi del Meridione anche Panettieri, dalla seconda metà dell’Ottocento conobbe un progressivo e costante spopolamento dovuto alla forte migrazione, prima nelle Americhe, e successivamente a cominciare dagli anni ‘50-‘60 del secolo precedente anche in Europa e nell’Italia del Nord.
Urbanisticamente il borgo di Panettieri si presenta come la sagoma di un triangolo equilatero e si mostra frazionato in due parti costituite la prima dal Centro storico posto nella parte più bassa del suo territorio e la seconda come zona sovrastante del paese adoperata dal nuovo sviluppo edilizio abitativo. Due realtà che si integrano però perfettamente con quello che è la funzionalità del complessivo insediamento demografico anche allo scopo di realizzare le condizioni più favorevoli alla vita della comunità e delle sue attività produttive.
Proprio in relazione alle attività produttive vale la pena dare rilievo a come l’economia del luogo da sempre è stata supportata dalle principali attività produttive legate alla pastorizia, con la produzione di latticini e della lana, all’agricoltura con la coltivazione del lino, di granaglie, di cereali, di ortaggi in genere, patate, frutti in particolar modo castagne e all’artigianato. Importante anche l’attività boschiva grazie alla presenza delle diverse varietà arboree (castagno, quercia, cerro, ontano, carpino, pioppo, nocciolo selvatico, abete, duglasia, pino laricio e faggio) e alla lavorazione del legno per ricavarne in particolar modo aste di legno, pali, puntelli, pertiche e legna da ardere.
Il patrimonio architettonico poggia unicamente sulla presenza della Chiesa Matrice del borgo, dedicata a San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, Patrono del paese, anche se non mancano espressioni monumentali moderne come il Monumento rappresentato dalla figura di un Fante in bronzo, una Fontana Monumentale posta al centro di Piazza San Carlo, la rinomata fonte Jugale meta della popolazione, la statua di San Pio.
Riguardo la Chiesa, per quanto se ne conosce, la sua fondazione dovrebbe risalire come provato da alcune antiche attestazioni al 1635, mentre venne portata a termine nella seconda metà del XVIII secolo. Realizzata completamente in pietra, originariamente era costituita da un’unica navata nella quale albergava l’altare della Beata Vergine. Oggi, invece, il suo interno di scuola neoclassica si presenta a tre navate cui corrispondono tre rispettivi portali d’ingresso ad arco a tutto sesto, anche questi costruiti in pietra. Incastonata tra due torri campanarie si mostra con una facciata a capanna dai fianchi più abbassati. Misurata nella sua essenziale architettura preserva la statua di San Carlo Borromeo, Patrono del paese, di settecentesca scuola napoletana, quella della Madonna del Rosario del XIX secolo, dell’Addolorata, di San Michele Arcangelo, un Crocifisso oltre che alcuni dipinti su tela del Settecento che ricordano San Vito, Maria Santissima del Rosario, il Battesimo di Gesù, San Francesco di Paola, l'Annunciazione, i quattro Evangelisti, gli Angeli in adorazione Sant'Antonio di Padova opere del maestro Giorgio Pinna.
Per la cronaca si ricorda che la popolazione di Panettieri, per molti anni fu subordinata alle parrocchie di Castagna, Diano e Scigliano, la sua Chiesa di San Carlo, infatti, divenne Parrocchia solo nel 1705 grazie alle istanze della stessa popolazione, riconosciute poi dal vescovo di Martirano. La Chiesa, inoltre, fu danneggiata negli anni 1933, 1934 e 1938 come risulta dalla seguente comunicazione dell’Ing. Capo del Genio Civile al Podestà di Panettieri in data Cosenza, 7 gennaio 1939, che a riguardo così scrive: “(160) Data: novembre 1938. Comune di Panettieri. Descrizione: danneggiata la chiesa di San Carlo Borromeo. Stralci significativi: “Il vostro amministrato Rev. Don Carlo Talarico, con istanza del 26 dicembre u.s., ha denunziato a quest’ufficio che la chiesa parrocchiale di San Carlo Borromeo, ha subito danni nell’autunno 1933 e nel 1934, danni aggravati quest’anno negli ultimi giorni del novembre scorso e nei primi del mese corrente…chiede provvedimenti di sussidio…”[8].
Nel contesto sociale della comunità panetterese, come richiamo turistico economico, non sono da trascurare i due Musei presenti nel paese: il primo quello del pane, un luogo attraverso il quale si fa memoria dell’identità comunitaria con riferimento alla sua cultura contadina e nel quale è possibile, visitandolo, fare un salto nel passato venendo a contatto con i diversi arnesi e strumenti, compreso il forno, utilizzati per la panificazione e il particolare processo di produzione che dall’impasto porta alla cottura e alla vendita del pane; il secondo, invece, quello del brigante nel quale si può vivere un’esperienza unica alla scoperta delle vicende e della storia del brigantaggio in Calabria.
Infine a Panettieri non mancano alcune figure del luogo che nel tempo hanno ne hanno caratterizzato la sua storia. Tra questi si vogliono ricordare: Giosefatte Tallarico conosciuto come il “brigante buono e generoso” un personaggio che per le sue gesta alligna ancora nel ricordo generale del borgo e Agostino Sciacca conosciuto come Frate Antonio. Un monaco vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo al quale, per la sua semplicità vengono assegnati anche episodi miracolosi.
Bibliografia
[1] Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, presso Vincenzo Manfredi, Napoli MDCCXCVIII, p. 89.
[2] Gustavo VALENTE, Dizionario del luoghi della Calabria, Volume 2, M-Z, Edizioni FRAMA’S, Chiaravalle Centrale 1973, p. 706.
[3] http://www.comune.panettieri.cs.it/citta/sez.asp?ID=13&CAT=La%20Storia&IDMac...
[4] Amato AMATI, L’Italia sotto l’aspetto Fisico, Militare, Storico, Letterario, Artistico, Volume Quinto ME-PE, Francesco Vallardi tipografo editore, Napoli 1868, pp. 923, 924.
[5] V. PADULA, Protogèa ossia l’Europa preistorica per Vincenzo Padula da Acri, Volume unico, Stabilimento Tipografico di P. Androsio, Napoli 1871, pp. 388,89.
[6] V. PADULA, Ibidem p. 388.
[7] http://www.comune.panettieri.cs.it/citta/sez.asp?ID=13&CAT=La%20Storia&IDMac...
[8] O. Petrucci, P. Versace, (a cura) Frane e alluvioni in provincia di Cosenza tra il 1930 e il 1950. Volume 2 di Quaderni dell'ODA, Ricerche storiche nella documentazione del Genio Civile, Editore Olga Petrucci, 2007.
Panettieri visto da Carlopoli
Ciao Mario. Faccio quello che posso.
Un caro saluto
Grazie gentile professore per il suo nuovo contributo.