Franco Emilio Carlino
Insieme alle altre frazioni di Camellino, Foresta, Badessa, San Demetrio, Santa Spina, Ospedale e Villaggio Principe, il sito di Pagliarelle, in provincia di Crotone, fa parte del territorio comunale di Petilia Policastro, dalla quale è distante circa 4 km. Nel piccolo borgo a 800 m sul livello del mare vivono circa 1.277 abitanti di cui M 638 e F 639. Il suo etimo secondo le diverse fonti storiche deriverebbe dal termine Pagliari, con riferimento alle primitive strutture abitative in rami di legno e paglia realizzate dai pastori. Un particolare tipo di architettura insediativa rurale e domestica basata essenzialmente sull’utilizzo di materiali offerti dalla natura.
La leggenda vuole che alcuni pastori fossero i primi abitatori a spingersi verso questi luoghi insediandosi nella montagna di Petilia Policastro. Vi arrivarono dalle montagne di alcuni paesi vicino Cosenza in conseguenza delle migrazioni stagionali del bestiame che dai prati collinari raggiungevano i pascoli erbosi delle alture silane, in particolare provenienti dal borgo di Parenti, e che pian piano a Pagliarelle decisero stabilmente di fissare la propria dimora.
Pagliarelle, come già indicato, fa parte del Comune di Petilia Policastro, un vecchio paese, formatosi grazie a una probabile installazione bizantina, circoscritta inizialmente da cinta muraria a scopo di difesa, con un territorio nel quale non mancano elementi riconducibili a installazioni brettie e romane oltre che antri naturali adoperati sin dalla notte dei tempi probabilmente da mandriani nel corso della transumanza. Di insediamenti rupestri di età medievale, facenti riferimento a Pagliarelle, ne parlano rispettivamente Elisabetta De Minicis e Giovanni Musolino. La prima a riguardo così menziona: “Le tracce dell’insediamento, messe in luce durante gli scavi eseguiti in occasione del restauro del castello, sia aggiungono a quelle già segnalate nel quartiere Grecìa da Paolo Orsi nei primi decenni del secolo scorso. […] Si tratta del complesso di 20 grotte dette “d’U Zumpu” in località Pagliarelle”[1]. Il secondo, invece, parla di “grotte adibite ad abitazioni eremitiche tra Petilia Policastro e Roccabernarda, in località Pagliarella”[2], ancora soggette a indagini metodiche.
Collocata all’interno del Parco Nazionale della Sila, Pagliarelle, come frazione di Petilia, fa parte della Comunità Montana Alto Marchesato Crotonese ed è inserita nella Regione Agraria n. 2 - Sila Piccola di Crotone. Comuni limitrofi del suo Capoluogo sono Cotronei, Mesoraca, Roccabernarda, Taverna (CZ).
La sua storia si può dire ha origine negli anni ‘50, quando per raggiungerla, partendo dal Capoluogo Petilia era possibile arrivarci tramite l’unico sentiero o tratturo (pista, terrosa o pietrosa, formatasi per effetto dei periodici spostamenti delle greggi) che le collegava. Oggi i collegamenti sono più immediati grazie alla sistemazione permanente delle strade opportunamente bitumate ed in particolare quella denominata la Strada Nuova. Solo per la cronaca va sottolineato come la distribuzione dell’energia elettrica risale agli ultimi anni ‘50, mentre l’acqua corrente arrivò nelle abitazioni solo nel 1964.
Secondo le informazioni fornite dal Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche, a Pagliarelle è presente una Parrocchia intitolata alla Beata Vergine del Carmelo, i cui estremi cronologici ne indicano la sua possibile presenza al 1922. La Chiesa, inoltre, secondo le notizie dell’Arcidiocesi di Crotone - Santa Severina, alla quale questa appartiene, “esisteva già nel 1962, quando per volere di padre Deodato venne abbattuta e allo stesso posto venne costruita quella attuale”[3].
Bibliografia
[1] Elisabetta DE MINICIS, Insediamenti rupestri di età medievale: abitazioni e strutture produttive: Italia centrale e meridionale: atti del Convegno di studio, Grottaferrata, 27-29 ottobre 2005, Volume 1, Fondazione Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, 2008, p. 218.
[2] Giovanni MUSOLINO, Santi eremiti italogreci: grotte e chiese rupestri in Calabria, Rubbettino Editore, 2002, p. 117.
[3] Cfr. http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=cons&Chiave=15122.
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