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Cerva posta sulle ultime pendici delle falde silane votata alla riscoperta degli antichi mestieri

Aggiornamento: 2 lug 2018

Franco Emilio Carlino


La tappa odierna, di questo mio girare per i paesi del Reventino attraverso i libri ed il web, è Cerva, uno dei tanti borghi posto sulle ultime pendici delle falde silane. Per conoscere un po’ la sua storia attingo alla fonte principale, quella del sito comunale, dal quale si ricava che Cerva pur se storicamente non è antica, sui suoi albori, invece, sussistono dubbie interpretazioni. “Secondo alcuni Cerva esisteva già con questo nome intorno al 1620, epoca della fondazione di Sersale (paese limitrofo), ma la versione più accreditata e riscontrata è quella secondo cui le origini risalgono ai primi anni del sec. XVIII ad opera di alcune famiglie di coloni provenienti dalla provincia di Cosenza. Inizialmente feudo della famiglia Poerio di Belcastro, fu chiamata originariamente con il nome di "San Giovanni della Croce", in seguito, questo nome fu tramutato in "Cerva" perché era solita comparire una cerva nelle vicinanze del villaggio; secondo altri il nome Cerva deriverebbe dal fatto che anticamente queste zone, ricche di selvaggina, erano rinomate per la caccia al cervo” [1].

Vi è tuttavia chi non esclude che il nome, sempre secondo una leggenda locale, possa anche derivare dalla presenza sul territorio di un serpente non velenoso. Se ciò fosse vero non sarebbe da escludere che potrebbe trattarsi del serpente Cervone, un rettile mansueto ma di grosse dimensioni, conosciuto nella forma dialettale come “pasturavacche”, che vive nei nostri boschi, ed è da sempre meritevole di attenzione e presente in molte narrazioni scaturite dalla credenza popolare.

Come tutti i paesi Cerva dovette subire l’imposizione o la supina accettazione di una rigorosa condizione di dipendenza morale ed economica nel corso della sua infeudazione sotto il casato Poerio di Belcastro che terminò con l’abolizione del feudalesimo nel Regno di Napoli nel 1806, anche se nel periodo intorno alla metà del XVIII secolo (1746-1758) per ben dodici anni fu governata dai Maida di Cutro. Relativamente all’insediamento dei coloni cosentini, non manca chi sostiene che questi appartenessero alla famiglia Moraca. Alcune informazioni storiche sul Casale di Cerva relative alla fine del XVIII secolo si rilevano attraverso la lettura di alcuni testi. Per esempio l’Abate Francesco Sacco nel 1796 scriveva: “Cerva Casale nella Provincia di Catanzaro, ed in Diocesi di Belcastro, posto sopra una collina cinta da monti, d'aria salubre, e nella distanza di quattordici miglia dal Mar Jonio, e di quattro dalla Città di Belcastro, che si appartiene alla Famiglia Poerio di Taverna, con titolo di Baronìa. Sono da notarsi in questo Casale una Chiesa Parrocchiale; ed una Confraternita Laicale sotto l'invocazione del Santissimo Rosario. Il suo terreno poi è fertile di grani, di legumi, di frutti, di vini, e d'erbaggi per pascolo d'armenti. Il numero finalmente de’ suoi abitanti ascende a cinquecento cinquantasei sotto la cura spirituale d'un Economo Curato”[2], mentre nel 1797 Lorenzo Giustiniani la descriveva come un “villaggio della città di Belcastro in Calabria ultra, situato in una valle tra gli Appennini, distante dal mare 11 miglia, e 21 da Catanzaro. Nel suo territorio si fanno i migliori lini della provincia. I suoi abitanti ascendono a 594 addetti quasi tutti alla coltura del territorio. Le donne lavorano rozzi panni di lana” [3].

Durante il Decennio francese (periodo napoleonico) un decreto del 19 gennaio 1807 riconosceva Cerva come ‘Luogo’, vale a dire Università, del governo di Belcastro. Lasciatasi alle spalle l’esperienza feudale, qualche anno più tardi, con Gioacchino Murat, l’istituzione dei Comuni sancita il 4 novembre 1811, considerava Cerva, inclusa nel circondario di Cropani, frazione di Andali insieme al quale faceva 2066 abitanti. Anche questa si dimostrò un’esperienza breve e di composta coesistenza tra i due paesi, ma allo stesso tempo si cercò di avviare la richiesta per ottenere l’autonomia per ambedue i paesi. Un processo laborioso condotto dall’allora sacerdote di Cerva don Stefano Trocino, portò all’attenzione delle autorità le giuste argomentazioni tra cui, come riportato nel sito del Comune anche quella della "diversità etnica tra le due popolazioni, essendo Cerva italiana, mentre Andali di origine albanese", allo scopo di guadagnare la giusta indipendenza. “Ciò avveniva -è riportato ancora nel sito del Comune- con una petizione firmata il 10 Maggio 1848 e diretta all'intendente della Calabria Ulteriore Seconda. Il 28 Ottobre 1850 Cerva fu dichiarata Comune autonomo”. Relativamente a tale risoluzione, di seguito, si rendono noti gli estremi del provvedimento estrapolati dalla Collezione delle leggi e dei Decreti Reali nel quale è così riportato: “(N° 1952) Decreto col quale i villaggi di Cerva e di Andali, rimanendo separati, sono elevati a comuni. Napoli 28 ottobre 1850. Ferdinando II per la Grazia di Dio Re del Regno delle Due Sicilie, Di Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec.ec.Gran Principe Ereditario di Toscana ec.ec.ec. Visto il parere del Consiglio di Stato; Sulla proposizione del nostro Direttore del Ministero dell’interno, ramo interno; Udito il nostro Consiglio ordinario di Stato; abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue. Art. 1. A contare dal primo gennaio 1851 in poi i villaggi di Cerva e di Andali, rimanendo separati, sono elevati a comuni, e formeranno ciascuno di essi un’amministrazione tutta propria e distinta. 2. Il nostro Direttore del Ministero dell’interno, ramo interno, è incaricato della esecuzione del presente decreto. Firmato. Ferdinando. Il Direttore del Ministero dell’interno pel ramo interno. Firmato S. Murena. Il Ministro Segretario di Stato Presidente del Consiglio dei Ministri. Firmato. Marchese Fortunato” [4].

Dopo la raggiunta autonomia amministrativa, di Cerva se ne ha riscontro nel testo di Attilio Zuccagni-Orlandini che in riferimento così annota: “Cerva (Napoli) Provincia di Calabria Ultra II; circondario di Catanzaro; mandamento di Cropani. In una valle giacente tra gli Appennini,- nella distanza di miglia 11 dal mare Ionio, e di miglia 21 da Catanzaro, trovasi il villaggio di Cerva; nei di cui ubertosi terreni si fanno buone raccolte di lino reputato il migliore della provincia. Popolazione 960” [5].

La moderna cittadina di Cerva, interessata, come tanti altri luoghi della Calabria, nel periodo post unitario dal triste fenomeno del brigantaggio, dal terremoto del 1908 dal quale ricevette considerevoli danneggiamenti e in ultimo dal secondo conflitto mondiale del 1943, eventi dai quali seppe uscirne con orgoglio e compostezza, la si può tratteggiare come un comune italiano della provincia di Catanzaro in Calabria, posto al centro del comprensorio della Presila Catanzarese, ai confini con il Parco Nazionale della Sila, nella valle del Crocchio, a metà strada tra due delle provincie calabresi di Catanzaro e Crotone, avente come unica frazione Cutureglia. Il suo territorio, pressappoco a 20 Km di distanza dalla costa ionica, si estende tra due corsi d’acqua, quelli del torrente Nasari e del fiume Crocchio, lungo il quale si riscontra la presenza di gole e a causa del considerevole e repentino dislivello sono frequenti salti di masse d’acqua che nella caduta formano piccole cascate. Il paese ha un’altitudine sul livello del mare di 800 m e una differenza altimetrica territoriale variabile tra i 40 e i 1350 m; conta allo stato attuale 1.212 abitanti, denominati Cervesi, di cui 583 M e 629 F occupanti una superficie complessiva di 21,01 Kmq e una densità di 57,7 abitanti per Kmq. I suoi confini incontrano i paesi di Andali e Belcastro a Est, Cropani a Sud, mentre a Nord con Petronà e a Ovest con Sersale tutti in Provincia di Catanzaro. Urbanisticamente il suo centro abitato prospicente il golfo di Squillace, si colloca su una nervatura dorsale rocciosa alquanto uniforme, fa parte della Comunità Montana della Presila Catanzarese ed è inserita nella Regione Agraria n. 3 – Sila Piccola Meridionale. Il vestito architettonico monumentale e ambientale di Cerva è interessante. Offre al visitatore la possibilità di visitare Palazzo Grifo, un edificio del XIX secolo presente nel suo Centro storico dove è ospitata anche la sede del Museo della Castagna e dell’arte contadina, uno spazio che si propone di illustrare le testimonianze della comunità legate alla propria ruralità, e di apprezzare il suo esteso castagneto da cui si evince il sano interesse verso la coltivazione e la lavorazione del prodotto, nel quale è presente una monumentale pianta di castagno di circa cinque secoli, dal diametro di 8 metri e dall’altezza di 30. Due invece le Chiese, quella di Santa Maria Immacolata peraltro Patrona della città e l’altra del Rosario. Il profilo economico rimarca profondamente le diverse problematiche della stragrande maggioranza dei paesi dell’entroterra calabrese, ossia quello di una ridotta ma interessante metamorfosi socio-economica iniziata negli anni del dopoguerra seguita da incremento demografico, ma anche da un intenso flusso dell'emigrazione verso i paesi del Nord Europa e della stessa Italia determinando non pochi problemi sociali, primo fra tutti la conseguente diminuzione demografica e in secondo luogo la scomparsa di numerose attività rurali e artigianali, che a lungo andare stremarono e condizionarono il territorio anche relativamente alla espressione delle proprie potenzialità agricole. Ultimamente si è assistito a una inversione di tendenza che in qualche modo ha fatto ritrovare interesse per il luogo, gli usi, le abitudini, un tempo apprezzati e poi dimenticati che hanno favorito un movimento culturale verso le tante attività precedentemente poco considerate determinando così una ripresa artigianale locale votata alla riscoperta di antichi mestieri, alla tessitura e alla valorizzazione anche dei prodotti tipici del luogo come legno, funghi, olio, castagne, prodotto del quale se ne tramanda la centenaria coltivazione, e nuove attività legate alla pastorizia e all’allevamento.

Bibliografia

[1] http://www.comune.cerva.cz.it/index.php?action=index&p=76.

[2] Francesco SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli…, Tomo I, Presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI, p. 299.

[3] Lorenzo GIUSTINIANI, Dizionario Geografico Ragionato, Tomo III, Vincenzo Manfredi, Napoli 1797, p. 453.

[4] Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie, Anno 1850, Semestre I, Da gennaio a tutto giugno, dalla Stamperia Reale, Napoli 1850, p. 140.

[5] Attilio ZUCCAGNI-ORLANDINI, Dizionario Topografico dei Comuni d’Italia, Società Editrice di Patrii Documenti Storico-Statistici, Firenze 1861, p. 410.

Foto di Mario Migliarese: Cerva - Via Nazionale

Foto di Mario Migliarese: Cerva - Palazzo Talarico

Foto di Mario Migliarese: Cerva - Museo della civiltà contadina e della castagna

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