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Arietta - Città delle Tende. Da Casale di Mesuraca a frazione di Petronà

Aggiornamento: 16 lug 2018

Franco Emilio Carlino


Alcune prime interessanti informazioni su Arietta, risalenti al 1760 li troviamo nell’opera del sacerdote Gio. Andrea Fico, nativo di Reazio l’attuale Mesoraca, patria di S. Zosimo Pontefice romano che in relazione così descrive: “Il castello di Reazio, essendo stato come si è detto […] fabbricato dagli Enotri, non può perciò negarsi, che sia antichissimo, né in questa parte occorrerebbe di più diffondersi, restando ben comprovata la sua antichità. […] -Secondo il Fico, Reazio- era questo anticamente decorato con il titolo di contea, ed ora ha preso quello di marchesato. Ha sotto di se due villaggi, uno chiamato Arietta di gente Italiana, e l’altro Marcedusa e questo abitato da genti originarie Albanesi, discendenti da quelli, che vi furono condotti dal famoso, e valoroso capitano Giorgio Castriota, e ritengono tuttavia la loro lingua originaria, sebbene promiscuamente parlino anche l’Italiana. È inoltre annesso allo Stato di Mesuraca un altro villaggio principiato non ha gran tempo colla denominazione di Petronà. È soggetto questo nuovo villaggio alla cura spirituale dell’arciprete di Arietta e professa il suo vassallaggio dell’eccellentissima Casa dell’Altemps, che possiede con il titolo di utile Signore il castello di Mesuraca, con tutti li suoi annessi, come più diffusamente si dirà in appresso. L’Arietta può gloriarsi di aver prodotto alla luce soggetti riguardevoli in lettere, e santità, tra’ quali due Provinciali, l’uno chiamato il P. Giovan Antonio d’Elia mio congiunto, e l’altro il Padre Antonio Guzzi amendue celebri de’ Minori Riformati, e in oggi viventi; Pietro Caputo arcidiacono, e prima dignità della Metropolitana di Santa Severina, e Vicario generale della medesima, e la pinzochera Suor Maria Bruno morta in buon concetto di santità, essendo stata in tempo di sua vita dotata anche del dono dell’ estasi, come è costante tradizione. Oltre li mentovati villaggi d’Arietta, Marcedusa, e Petronà, de’ quali sopra si ragionò, e che ora sono ben popolati, e forniti di tutto il bisognevole, veggonsi ancora le vestigie d’altri tre villaggi, […]”[1] .

Da queste prime argomentazioni se ne ricava l'esistenza di un villaggio una volta appartenente a Santa Severina indicato poi come Arietta di Petronà, Rietta o anche Casale di Mesoraca, le cui informazioni sullo Stato di Mesuraca, un territorio la cui produzione riguarda grano, granone, legumi, e seta, ci provengono da Giovanni Vivenzio Cavaliere dell’Ordine Regale, e Militare Costantiniano di S. Giorgio, e queste riguardano la situazione del territorio alla luce del terremoto del 1783 con riferimento alla stessa Mesuraca, Marcedusa, Arietta e Petronà evidenziando come in Mesuraca le Chiese e le case furono leggermente lesionate mentre in Marcedusa e negli altri villaggi le fabbriche subirono forti danni. Nello specifico, secondo alcune informazioni acquisite dal Valente [3] , il terremoto del 1783 fece danni per 10 mila ducati.

Altre notizie ancora, invece, queste risalenti al 1803, che in generale confermano quanto scritto dal Fico, ci vengono fornite da Lorenzo Giustiniani, il quale alla voce Mesuraca, così compila: “terra, in Calabria Ulteriore in Diocesi di Santa Severina, dalla quale città è lontana miglia 10 e 5 dal mare Jonio. […] Tiene due villaggi uno chiamato Arietta e l’altro Marcedusa abitati da albanesi. Ve n’è un altro però fondato da non molto tempo col nome di Petronà, i cui abitanti son sotto la cura dell’arciprete di Arietta. […] -Secondo la ricostruzione storica del Giustiniani, Mesuraca dopo una infinità di passaggi relativi a concessioni, dote e trasferimenti- fu venduta a 17 dicembre 1584 da Gio. Batista Spinelli sub hasta S.R.C. ad istanza de’ creditori del Principe di Scalea alla famiglia Altemps Romana per duc. 165.000, ritenendosi il titolo di marchese che ora tuttavia possiede con Petronà, Arietta e Marcedusa” [4] . Da quanto sopra riportato, se ne ricava che a seguito del suddetto trasferimento, anche Arietta come villaggio di Mesoraca divenne Feudo degli Altemps.

Dalle suddette informazioni si desume, inoltre, che il Casale di Arietta fosse già presente prima del 1584, pertanto, volendone ricostruire in maniera più completa la sua storia fino ai nostri giorni,, nel prosieguo del presente contributo, si farà anche ricorso alle notizie provenienti dalle indicazioni dell’archivio storico di Crotone, dal quale si rileva che il Casale pur non essendo citato nei registri del 1565 relativi alla tassazione dei fuochi, né tantomeno in quelli riportanti la tassazione per le strade del medesimo anno, nello stesso periodo, invece, emerge dagli atti del sinodo diocesano di Santa Anastasia del 1564, e figura presente nel libro delle entrate dell’arcivescovado di Santa Anastasia relative al 1566, all’epoca in cui l’autorità diocesana era Gio. Battista Ursino, arcivescovo di Santa Severina. Eretto verosimilmente intorno alla metà del XVI secolo (1567) sotto Troiano Spinelli, feudatario di Mesoraca allo scopo di avviare la coltivazione delle terre feudali per renderle produttive, le prime tracce dell’esistenza del Casale ‘Riyetta’ (1567) emergono dall’inventario delle rendite feudali sotto la voce “pagliaratico” pagato dagli abitanti (Som. Relevi, Vol. 354, f. 664, ASN.) al tempo di Giovan Battista Spinelli, figlio di Troiano.

“Alcuni anni dopo -come riportato dall’Archivio di Stato di Crotone- Riyetta è uno dei luoghi della diocesi, nei quali l’arcivescovo di Santa Severina gode del diritto di decima e di altri privilegi (Di un antichissimo diritto dei nostri Metropolitani, Siberene p. 87). Il rettore ed il cappellano del casale devono ogni anno versare nel mese di maggio due libre di cera ed un tari. In questi anni alla sua chiesa “de lu salvature” (1576) è preposto un arciprete. L’undici maggio 1578 l’arciprete del casale della Reietta D. Minico Brizzi (assieme all’arciprete deli Troiani Francesco Apa) è presente nel sinodo di Santa Anastasia. Nel sinodo del maggio successivo dovrebbe comparire ed assolvere un censo di tre carlini. Al suo posto si presenta l’arciprete di Mesoraca, che lo scusa e versa per lui. (“R.dus Archipresbiter de la Riyetta cum censu car. trium com.t et sol.t D. 0.1.10”). Ritroviamo “donno Minico Britti cappellano delo casale de la Riyetta” in un atto del 27 aprile 1584 riguardante la fiera di Santa Anastasia” [5].

Altalenanti sono le informazioni riguardo alla popolazione e al suo incremento/decremento demografico. A riguardo si apprende che il Casale tra il 1579/1580 subiva una tassazione corrispondente a 4 fuochi e il suo decremento coincideva con la presenza di Francesco Antonio Santoro (1573-1586) allora arcivescovo di Santa Severina, informazioni derivanti dagli appunti del successivo presule di Santa Severina, Alfonso Pisani il quale altresì annotava che la diminuzione dei fuochi durò poco come risulta da un suo inventario del 1588 e dalla successiva relazione del 1589 sullo stato della chiesa metropolitana di Santa Severina, che lo stesso produsse alla fine del secolo descrivendo Riyetta “come un piccolo casale del Marchesato di Mesoraca abitato da cento anime con una chiesa col suo cappellano, che è mantenuto dalle decime e dalle elemosine degli abitanti” [6].

Con l’inizio del nuovo secolo, (1604), come risulta dal Cedulario dei fuochi della provincia di Calabria Ultra al fasc. 558/4162, ff. 83 -87, ASN, il Casale di Arietta, figura tassato per 38 fuochi, mentre è del 1625 la redazione di uno Status animarum dal quale risulta che gli abitanti di Arietta erano pari a n. 257 di cui (162 persone adulte 95 minori). Figuravano anche 3 sacerdoti, 5 chierici. La comunità era servita da una Chiesa Matrice del SS.mo Salvatore che si reggeva sulle decime e sotto il medesimo titolo vi era anche una Confraternita sostenuta esclusivamente dalle elemosine. La cura delle anime era affidata al cappellano Vincenzo Brizzi e nel Casale non risultavano monasteri, monache, oblati, ospedali e congregazioni come risulta dalla sua dettagliata relazione elaborata nel 1628 in obbedienza alla richiesta del suo vescovo Fausto Caffarelli. Nella seconda metà del secolo (1660) Francesco Falabella, arcivescovo di Santa Severina dopo aver visitato il Casale di Marcedusa si recava in quello di Arietta e nel (1662) arciprete del Casale risulta Sigismondo Brizzi. Secondo i dati della Chiesa, forniti dall’allora arcivescovo Muzio Suriano, (Rel. Lim. S. Severina, 1675, 1678)[7] nel corso della prima metà del Settecento la situazione ecclesiale rimarrà immutata, gli abitanti di Arietta tassati per 41 fuochi nel 1669, passarono da 361 del (1675) ai 450 del (1678), la chiesa e la cura delle anime venne esercitata prima dal parroco, Gio. Paolo Biondi, nativo della vicina Mesoraca, mentre verso la conclusione del secolo da Gio. Domenico Pedace. Secondo le successive relazioni degli arcivescovi di Santa Severina gli abitanti nel corso degli anni successivi andarono sempre diminuendo fino a raggiungere alla fine del 700 i 207 abitanti, aumentati a 218 nel 1823 e scesi appena a 125 nel 1862.

Secondo il Valente, la prima numerazione demografica che registrò Arietta risalirebbe al secolo XVIII, mentre alcune divergenze appaiono circa il titolo della Confraternita laicale, presente secondo lo stesso, sotto il titolo dell’invocazione della Vergine Addolorata e non come appena citato sotto il titolo del SS. mo Salvatore.

Col nuovo ordinamento amministrativo nel corso del Decennio francese, Arietta diventa comune autonomo del Circondario di Catanzaro rimanendovi fino al (1825) per poi diventare prima villaggio e poi frazione di Petronà nel 1862 dopo l’Unità d’Italia.

Oggi Arietta, appartenente alla Diocesi di Crotone-Santa Severina, si colloca nella pre Sila catanzarese a 365 m sul livello del mare. Formata da un suo centro storico ed altre abitazioni disseminate sul suo territorio con una popolazione di circa 220 abitanti è frazione del Comune di Petronà dal quale è divisa da una distanza di circa 3 km.

Circa il profilo archeologico, Arietta, posta più in basso di Petronà, secondo le fonti storiche comunali risulta abbia origini assai più remote e pare che addirittura ospitò i soldati di Annibale che vi si attendarono. Elemento dal quale scaturisce l’appellativo di Città delle Tende. Come ci ricorda il sito del Comune di Petronà, inoltre, “il nome del resto di alcune località come "Battaglia", "Difesa", il ritrovamento di antiche monete e cocci di vasi di terracotta di notevole interesse fanno Arietta testimone di ben più remoti eventi”[8] .

Bibliografia

[1] Gio. Andrea FICO, Notizie storiche della Patria di S. Zosimo Pontefice romano e suoi atti con una breve descrizione della Calabria, Appresso Gioacchino, e Gian Giuseppe Fratelli Salvioni Stampatori Vaticani e della Sapienza, Roma MDCCLX, p. 90

[2] Cfr. Giovanni VIVENZIO, Storia dei Tremuoti avvenuti nella provincia della Calabria Ulteriore, e nella Città di Messina nell’anno 1783, e di quanto nella Calabria fu fatto per lo suo risorgimento fino al 1787, Volume Primo, Stamperia Regale, Napoli MDCCLXXXVIII, p. 254.

[3] Gustavo VALENTE, Dizionario dei Luoghi della Calabria, I, A-L, Edizioni Frama’S, Chiaravalle Centrale (CZ) 1973, pp. 72-73.

[4] Lorenzo GIUSTINIANI, Dizionario Geografico Ragionato del Regno di Napoli. Tomo VI, Napoli 1803, pp. 10, 11.

[5] Il Casale di Arietta in diocesi di Santa Severina, in http://www.archiviostoricocrotone.it/urbanistica-e-societa/il-casale-di-arietta-in-dioce...

[6] Cfr. Ibidem.

[7] Cfr. Ibidem

[8] Storia – Comune di Petronà, in https://www.comune.petrona.cz.it/index.php?action=index&p=10223.

Immagine elaborata da Mario Migliarese
Panoramica di Arietta

Foto di Mario Migliarese: Arietta - Chiesa del SS. mo Salvatore

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